Rifugiati a Roma: nuovi numeri e nuovi ghetti
Nuove parole forse per chi è rimasto senza, per raccontare l’eterno ritorno di vecchi orrori: è così che il 3 Ottobre 2013 è diventato la “Tragedia di Lampedusa”, come nei titoli dei giornali è ricomparso il “ghetto”, a descrivere l’ultima frontiera dell’emarginazione.
<<Noi che lavoriamo per la strada vediamo una situazione davvero preoccupante. Almeno 2500 persone sono in condizione di precarietà abitativa, costretti a vivere in baraccopoli, tendopoli ed edifici occupati o sulla strada>>: succede nella Capitale, dove l’ associazione MEDU – Medici per i diritti Umani -, lancia un nuovo e preoccupante allarme. <<Se si pensa a tutti i luoghi della vergogna, della mancata accoglienza che si sono succeduti a Roma negli ultimi vent’anni, come la Pantanella, l’Hotel Africa , la buca di Ostiense con i rifugiati afgani, l’ex ambasciata somala di Via dei Villini, Selam Palace, l’edificio della Collatina, la baraccopoli di Ponte Mammolo, i marciapiedi di Via Marsala a Termini….sembra un dejà vu. Questa città e questo paese non riescono a uscire dall’ottica emergenziale>> afferma il coordinatore Alberto Barbieri.
Capita poi, che quando si dibatte sulla necessità di destinare a queste persone delle soluzioni abitative dignitose, l’animo confuso dell’Italiano Medio insorga, non contro le privazioni e i furti subiti per decenni da Stato, amministrazioni e partiti, ma contro gli immigrati, parte lesa anche loro di questo sistema paralizzato. Una rabbia sociale trasformatasi in razzismo, indirizzato per grottesca deformazione, ormai neanche più verso il diverso, ma verso il più debole. Ebbene, questi cittadini di esemplare umanità si sentiranno quantomeno sollevati, quando leggendo i numeri sotto riportati constateranno che la situazione appare così drammatica che più che promettere, sembra che quasi nulla sia stato fatto dalle istituzioni per aiutare i temuti stranieri detrattori. Senza però nulla aggiungere a contrappeso, guada caso, al benessere degli italiani. Sui 731 pazienti visitati da MEDU tra la stazione Termini, Ostiense e il centro di Tor Marancia, l’87% era di nazionalità non comunitaria e il 56% era richiedente asilo o titolare di protezione internazionale, provenienti soprattutto da Mali, Gambia, Guinea, Costa d’Avorio, Somalia ed Eritrea. Una massa di migranti forzati, titolari o richiedenti protezione umanitaria o sussidiaria, di cui più della metà non iscritti al SSN, pur avendone diritto, essendo in Italia da più di sei mesi. Tanti sono purtroppo coloro che rimangono in questo limbo poiché non intendono fare domanda dello status di rifugiati nel nostro paese: le convenzioni internazionali attualmente vigenti gli imporrebbero infatti in questo caso di rimanere in Italia, mentre essi hanno intenzione di spostarsi in altri paesi europei come la Germania, l’Inghilterra, l’Olanda. Chi sa, se tutti i razzisti di nuova generazione lo venissero a sapere, pur di cacciarli finirebbero per combattere in prima persona una battaglia per nuove leggi più dinamiche e risolutive sull’immigrazione e la libera circolazione delle persone. Molti dei rifugiati visitati da MEDU sono invece in attesa di un posto in accoglienza e hanno già fatto domanda presso lo sportello comunale: proprio in questi giorni il Ministero dell’ Interno ha intimato ai prefetti di individuare siti per nuovi centri. Nel 2001 il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’ Interno, l’ ANCI – Associazione nazionale dei comuni italiani – e l’ UNHCR – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – siglarono un protocollo d’intesa. Nasceva così il primo sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio italiano, secondo una condivisione di responsabilità tra Ministero dell’Interno ed Enti locali: lo SPRAR – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati -, la cui gestione è coordinata dall’ ANCI. Ministero e Comune si dividono quindi gli oneri: da qui è nato sul web il gossip razzista dei famosi 35 euro elargiti quotidianamente dallo Stato italiano agli immigrati. Una cifra quella, che indica invece la spesa media calcolata per il potenziamento del sistema Sprar, che a Roma dovrebbe portare ad ampliare il numero dei posti da 250 a 2500. Una cifra doverosa in una città dove ogni anno passano almeno 20 mila richiedenti asilo e in ogni momento si registrano 6 mila presenze di rifugiati. I finanziamenti, vengono dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, che esiste da quasi dieci anni, senza nessun ulteriore prelievo sui cittadini.
Nessuno stacca assegni davanti a luoghi come l’ Ex Ispra a Piazza Indipendenza dunque, per altro occupati abusivamente dai migranti e non affidatagli da alcun ente, dove la Caritas presta il suo aiuto e al massimo qualche animo gentile ha portato dei materassi vecchi, invece di abbandonarli sul marciapiede davanti ad un cassonetto, come fanno i cittadini tanto pigri nel rispetto di quel poco che hanno, ma mai nel puntare il dito. Non c’è da essere invidiosi, cari italiani, di esseri umani senza Identità che hanno difficoltà persino ad ottenere dell’acqua per lavarsi, una luce, un interruttore di corrente. Peccato, perchè se accendessero un computer potrebbero finalmente scoprire che in fondo <<fare il profugo conviene>>, come più di qualcuno squallidamente insinua, sul web e altrove. Peccato.
Foto: Arianna Fraccon