Gli scenari dietro lo scontro tra Turchia e Olanda
Lo scorso weekend ha visto sorgere e prendere forma un duro scontro tra la Turchia e l’Olanda. Il paese alle porte d’Europa sta vivendo un’intensa fase della propria vita politica dato che, conseguentemente al fallito golpe dello scorso settembre, il Presidente Erdogan ha indetto un referendum per decidere se mutare la forma di stato in una Repubblica presidenzialista, una nuova forma di ordinamento che secondo molti osservatori veicolerebbe nelle mani del “sultano” un potere istituzionale spropositato. Dall’altra parte un paese europeo che, alla vigilia delle elezioni, si prepara al verdetto finale dello scontro che sta caratterizzando un pò tutto il vecchio continente: liberali ed europeisti contro i cosiddetti populismi avversi all’Unione Europea e all’euro.
Cos’è successo
Erdogan, consapevole del vantaggio che il largo elettorato di espatriati in Europa potrebbe garantirgli, sta organizzando tramite i propri emissari di governo una serie di conferenze e incontri nel vecchio continente: l’obiettivo è radunare quante più persone possibili per strappare voti utili alla vittoria del referendum del prossimo 16 aprile.
Uno di questi incontri avrebbe previsto la presenza del ministro degli esteri turco Mevut Cavosoglu, ma il governo olandese ha vietato l’ingresso nel paese di quest’ultimo, impedendo all’aereo sul quale viaggiava di atterrare a Rotterdam. Pare che Ankara fosse già a conoscenza del divieto fissato dal premier olandese, Mark Rutte, ma che nonostante questo abbia dato il via libera al proprio Ministro. É da qui che si è aperto un vero e proprio caso diplomatico, contraddistinto da disordini per le strade (con protagonisti manifestanti di origine turca e polizia), parole al veleno da parte di Erdogan e dello stesso Rutte, e un’immediata presa di posizione compatta da parte di molti stati europei in favore dell’Olanda.
I motivi che accompagnano il divieto
Certe cose non accadono mai per caso. Da questa vicenda escono vincitrici entrambe le fazioni, tutto il resto fa da contorno: l’asserragliamento convinto sul fronte olandese di Juncker, Merkel, Danimarca e altri attori regionali e l’invito a collaborare per vie diplomatiche da parte della Nato nascondono due tristi verità, se non di più.
Da una parte, il tanto disprezzato Erdogan, ha la massima convenienza nel fomentare gli animi degli espatriati in Europa contro lo stesso vecchio continente, arma che potrebbe tornargli utile anche per quanto riguarda l’elettorato in patria. L’immagine di una Turchia forte e pronta a inimicarsi senza paura l’occidente, potrebbe portare il popolo Turco a sposare il progetto politico di Erdogan.
Dall’altra una Olanda pronta a “sprofondare” nel baratro populista, xenofobo e antieuro rappresentato dal candidato alle politiche Geert Wilders. Un baratro che per inciso è stato degnamente rappresentato negli ultimi 10 anni da una moneta troppo forte per i paesi del sud europa e da politiche ultraliberiste capaci di uccidere il mercato del lavoro in nome della libera e sfrenata circolazione del capitale. Detto ciò, è un dato di fatto che un’eventuale vittoria del PVV, magari condita da un successo della LePen, sancirebbe la fine di quell’Unione Europea figlia dei trattati di Lisbona.
Chiudere le frontiere e spingere per l’orgoglio nazionale è una scelta di convenienza politica nel 2017, Rutte questo lo sa bene. Ecco quindi la ragione della sua presa di posizione, molto simile a quella che contraddistinse la vigilia delle elezioni austriache.
Il grande paradosso
Nell’epoca dell’informazione di massa e della velocità, le persone tendono a dimenticare dall’oggi al domani: di certo i cittadini olandesi se la passano meglio di noi italiani (basta andare a vedere i dati sull’export degli ultimi anni, vero Merkel?) ma presentano comunque memoria alquanto corta. Ricordate il famoso accordo tra Europa e Turchia sui migranti? Indovinate chi era a capo del Consiglio europeo, ma soprattutto straordinariamente impegnato nei negoziati col tanto odiato Erdogan, all’epoca? Esatto, proprio lui, il liberista Rutte. Colui che ora, a una manciata di giorni dalla tornata elettorale che potrebbe tenere in piedi la costruzione europea, fa la voce grossa con Erdogan, soltanto 1 anno fa era impegnato in tutt’altro tipo di discussione.
Riusciranno gli elettori olandesi a ricordarsi di tutto questo? Stando agli ultimi sondaggi (ricordando la storia recente con brexit, trump e referendum) si direbbe proprio di sì.
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