Una nuova conquista per la parità di genere in Islanda
Un nuovo passo in avanti verso la parità di genere in Islanda: il paese più femminista al mondo sarà il primo ad obbligare i datori di lavoro a dimostrare di applicare un uguale trattamento economico per i propri dipendenti prescindendo dal genere, così come da etnia, preferenze sessuali o nazionalità. È la proposta di legge annunciata dal governo che sarà esaminata in parlamento nel corso del mese e che, se approvata, imporrà alle aziende con più di 25 dipendenti di fornire una certificazione che dimostri il trattamento equo di tutti i suoi lavoratori. «È il momento giusto per fare qualcosa di radicale a proposito di una questione così importante», ha dichiarato il ministro per le Pari Opportunità e gli Affari Sociali Thorsteinn Viglundsson: «dobbiamo assicurarci che tutti godano delle stesse possibilità sui luoghi di lavoro. È nostra responsabilità adottare le misure necessarie affinché questo accada». La legge rientra nel piano per la parità di genere in Islanda, che si propone di eliminare il gender pay gap entro il 2022.
Un provvedimento in tal senso era stato chiesto a gran voce dalle donne islandesi lo scorso ottobre, quando in migliaia scesero in piazza a Reykjavik per protestare contro i salari inferiori rispetto a quelli dei propri colleghi uomini. Per l’occasione, ogni impiegata islandese lasciò il proprio posto di lavoro esattamente alle 14.38, cioè dal momento in cui, a causa della discriminazione salariale, avrebbe iniziato a lavorare gratis. L’azione ha dei precedenti: il 24 ottobre 1975 il 90% delle islandesi rifiutò di recarsi a lavoro e di svolgere qualsiasi attività domestica per centrare l’attenzione pubblica sull’importanza del ruolo femminile nella società. Altre due manifestazioni simili a quella del 2016 ci furono nel 2005 e nel 2008, quando le lavoratrici lasciarono i propri posti di lavoro sempre nel momento in cui avrebbero iniziato a lavorare gratis, rispettivamente alle 14.08 e 14.25: un miglioramento troppo lieve, considerato che in 8 anni – dal 2008 al 2016 – sono stati guadagnati solo 3 minuti e che, continuando di questo passo, ci vorranno 52 anni per appianare la distanza. Un’attesa inaccettabile secondo Gylfi Arnbjörnsson, presidente della Confederazione islandese per il lavoro: «nessuno può attendere 50 anni per raggiungere un obiettivo, non importa quale esso sia. Stiamo parlando di tempi lunghissimi». Le cose non vanno meglio altrove: secondo il divario presentato nel rapporto della Commissione Europea infatti, anche nel resto del vecchio continente le lavoratrici avrebbero lavorato gratis dal 24 ottobre 2016 fino alla fine dell’anno, con una differenza salariale media del 16,3% rispetto alle retribuzioni maschili.
Considerato che nel 2015 il divario era al 17,7%, ben poco è cambiato. Secondo i dati, il gap è direttamente proporzionale all’età, e non diminuisce nemmeno a fronte di inquadramenti lavorativi più alti. Sebbene le islandesi continuino a guadagnare, in media, dal 14 al 18% in meno degli uomini, il paese resta il migliore in materia di diritti delle donne, tanto che il World Economic Forum ha stabilito che la parità di genere in Islanda è all’avanguardia non solo rispetto al resto dell’Europa, ma anche in confronto al resto del mondo. Questo è valso all’Islanda un primato che dura da 8 anni consecutivi. Eppure, nemmeno l’isola che vanta la maggiore parità di diritti può dire di essere arrivata, nel 2017, a pagare le sue lavoratrici tanto quanto i suoi lavoratori. E l’Italia? Il nostro paese si colloca ai primi posti tra i paesi Ocse per la parità di trattamento economico con un gap medio del 5,6% nel 2016, decisamente meglio di Francia (13,7%) e Germania (17,7%), ma anche della stessa Islanda (13,6%). Quest’ultima, però, vince il primato sui paesi europei grazie al suo essere all’avanguardia su molti altri fronti: opportunità economiche, opportunità educative, livello di salute e aspettativa di vita, opportunità politiche; basti pensare che fu la prima al mondo ad eleggere un capo di stato donna. Il 2017 potrebbe essere per l’Islanda l’anno decisivo per fare ancora meglio, abbattendo le ultime barriere in materia di gender gap e dimostrando che la parità salariale è una conquista affatto fuori portata.
Vai alla home page di Lineadiretta24
Leggi altri articoli dello stesso autore
Twitter autore: @JoelleVanDyne_