Quello che non ho, Neri Marcorè canta De Andrè e Pasolini

Quando si parla di impegno civile non si può prescindere dalla preziosa e incombente eredità lasciataci da due grandi poeti della nostra storia recente, due artisti lontani tra loro, ma che hanno fatto dell’indignazione, della denuncia sociale e della ribellione, la cifra stilistica della loro poetica. Lo stesso titolo dello spettacolo-concerto Quello che non ho, scritto e diretto da Giorgio Gallione e in scena al Teatro Quirino fino al prossimo 5 marzo, si ispira alla celebre canzone di Fabrizio De Andrè, così come le storie raccontate si ispirano alle visionarie profezie di Pier Paolo Pasolini, contenute nel poema filmico La Rabbia e negli Scritti Corsari.

quello che non hoL’eclettico Neri Marcorè intreccia le parabole di De Andrè e le lucide visioni pasoliniane a storie contemporanee che riempiono le pagine di cronaca dei quotidiani internazionali. Fatti che riguardano lo sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, come l’inquietante esistenza di un Sesto continente composto da rifiuti di plastica che galleggia a largo delle Hawaii, di guerre civili nella Repubblica Democratica del Congo causate dall’estrazione del coltan, minerale indispensabile per il funzionamento dei nostri dispositivi elettronici. Ma anche storie di esclusione, di oppressi e di oppressori, di montagne di rifiuti, di mari contaminati, di economia in decrescita, di politica che detiene il potere senza essere in grado di governare, che altro non fanno che far emergere le contraddizioni di uno “sviluppo senza progresso” delle nostre società occidentali e consumistiche che Pasolini aveva già profetizzato oltre quarant’anni fa.

Sulle note di Una storia sbagliata, Dolcenera, Smisurata preghiera e altri pezzi estratti soprattutto dall’album Le nuvole di Faber, magistralmente suonati da Neri Marcorè accompagnato dalle voci e dalle chitarre di Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini, quello che ne viene fuori è, nonostante la chiave satirica, una visione piuttosto apocalittica della “nuova orrenda preistoria” della nostra epoca, che ancora una volta mette in luce l’insensatezza delle azioni che questo genere umano ogni giorno ce la mette tutta per autodistruggersi, oltre che l’incolmabile assenza di intellettuali e poeti dello spessore di De Andrè e Pasolini capaci di leggere il mondo con l’acume e la nitidezza che hanno caratterizzato la loro visione, e in grado di fornirci delle linee guida. Uno spettacolo dunque che potrebbe sembrare drammatico e pessimistico, non fosse che alla fine il buio si riempie di lucciole, donando un barlume di speranza e l’inevitabile riflessione sulla visione di Voltaire a proposito del “migliore dei mondi possibili”. Questo non è certo il migliore che poteva capitarci, ma sta a noi, attraverso le nostre quotidiane azioni, renderlo migliore e più vivibile.

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@vale_gallinari