Un rapporto svela l’uso della tortura in Cina contro attivisti umanitari

tortura in cinaUn rapporto diffuso dal Network of Chinese Human Rights Defenders (CHRD) ha svelato che l’uso della tortura in Cina è ancora ampiamente diffuso e sta rendendo impossibile il lavoro delle Ong e degli attivisti umanitari nel paese. La situazione è drammaticamente peggiorata nell’ultimo anno: si parla di persone sparite, arrestate e torturate, e infine costrette a fornire false confessioni poi trasmesse dalla TV di Stato; una mossa già largamente utilizzata ai tempi delle purghe maoiste. «Il governo cinese sembra intenzionato a far sparire del tutto i diritti civili grazie ad una serie di nuove leggi che restringono il campo d’azione e l’accesso ai fondi per le organizzazioni non governative e attraverso la criminalizzazione delle attività da queste svolte» ha spiegato al Guardian Frances Eve, ricercatrice presso il CHRD. Quest’ultimo parla di «attivisti picchiati e detenuti in condizioni disumane, privati di cibo, sonno, acqua e cure sanitarie». A Huang Yan, una donna arrestata nel novembre 2015, sono state negate le cure per un cancro alle ovaie mentre era in prigione, così come in seguito alla sua scarcerazione, a causa delle pressioni governative sull’ospedale presso cui era in cura.

«Nel 2016», si legge nel rapporto, «difendere i diritti umani è diventata un’attività ad altissimo rischio». Arrestati e incarcerati, avvocati e attivisti per i diritti umani vengono perseguitati con l’accusa di «aver messo a rischio la sicurezza del paese». Privati di ogni diritto, sono sottoposti a processi-farsa e costretti ad accettare la difesa di legali d’ufficio che poco servirà a fare i loro interessi. Questo sistema oppressivo e l’impiego della tortura in cinatortura in Cina vogliono osteggiare in ogni modo il lavoro delle Ong, che nel paese si occupano soprattutto di vigilare sui diritti di lavoratori e delle donne, sull’accesso a cure sanitarie, acqua ed aria non inquinate. Con la stretta censura che regna nel paese, l’attività di queste organizzazioni è percepita da Pechino come altamente pericolosa. Una delle accuse principali mosse dal governo è quella di riunirsi illegalmente in assemblee: dal momento che le istituzioni cinesi oppongono un rifiuto categorico ad autorizzare manifestazioni, molti si raccolgono in case, caffè o locali che sono spesso oggetto di incursioni della polizia.

Nel 2015 sono stati 250 gli attivisti e avvocati presi di mira dal governo, e gli effetti di questa «campagna del terrore» sono continuati per tutto l’anno appena trascorso. La situazione per i diritti umani nel paese è precipitata quando il governo ha promulgato una serie di leggi tese a ostracizzare l’operato delle associazioni no profit, rendendo molto difficile l’accesso a fondi e donazioni. L’aspetto più drammatico evidenziato dal rapporto è il fatto che il governo cinese consideri la tutela e la protezione dei diritti umani come una «minaccia politica» alla sicurezza nazionale e alla stabilità sociale; un’eco in pericolosa continuità con la storia passata. Da quando Xi Jinping è salito al potere nel 2013, l’operato di almeno un terzo delle Ong nel paese è stato criminalizzato e la tortura in Cina è diventata l’arma più usata contro chi si occupa di vigilare sui diritti della società civile in nome di una presunta «sicurezza nazionale». Nonostante questa situazione, nell’ottobre 2016 le Nazioni Unite hanno eletto la Cina tra i membri dei Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per un nuovo mandato. «Non ci sono più aree grigie», conclude un autore anonimo nel rapporto: «schierarsi dalla parte dei diritti civili in Cina significa accettare che i tuoi sforzi saranno considerati illegali».

 

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