De Gea e la sua curiosa celebrazione della tripletta di Ibrah
David de Gea Quintana, noto semplicemente come David de Gea, è il portiere del Manchester Utd e della nazionale spagnola. Che si sappia non ha mai giocato in Italia, ci sarà senz’altro venuto in vacanza, o forse gli è bastato avere dei compagni di squadra italiani come Darmian, o che hanno giocato o allenato in Italia, come Mourinho e Pogba, perché per celebrare la tripletta di un altro “ex-italiano” come Ibrahimovic, autore in Europe League di una tripletta contro il St Etienne, ha usato una curiosa espressione in italiano. Sul pallone che tradizionalmente viene dato all’autore di una tripletta a fine partita e che viene firmato da tutti i compagni, de Gea ha scritto un lapidario e curioso “Porco zio”.La cosa è stata notata in quanto Zlatan Ibrahimovic ha pubblicato sul suo profilo Instagram la foto del pallone con le dediche e la maglia indossata nella sua serata speciale, e tra le dediche spiccava suscitando curiosità, specialmente alle nostre latitudini, c’era appunto quella di de Gea, in italiano.
Non sappiamo se de Gea si sia reso conto che l’espressione “porco zio” in italiano viene utilizzata per evitare all’ultimo istante una bestemmia, che il povero ed anonimo “zio” non ha nulla a che fare con un parente allupato o con il mitico Beppe Bergomi, sfrutta solamente l’assonanza con ben più importanti personaggi divini. Il sospetto è che sia un’espressione che ha imparato dallo stesso Ibrahimovic, che ha passato lungo tempo in italia vestendo le maglie di Juventus, Inter e Milan e che a Manchester, in una stagione comunque non facile per la sua squadra e per il suo allenatore Mourinho, sembra abbia trovato una seconda giovinezza. La tripletta al St Etienne, che lo stesso Ibrah ha detto che “non è la prima e non sarà l’ultima”, andava giustamente celebrata. Nella stessa sera anche il romanista Dzeko ha segnato una tripletta, avuto il pallone della gara che poi è stato, si presume, riempito dalle dediche dei compagni. Ma il campione bosniaco si è limitato a dedicare la vittoria alla figlioletta. Anche perché, stando a Roma, si suppone che i compagni avrebbero potuto scrivere ben di peggio per celebrare la sua impresa.
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