Su ‘Vogue Paris’ arriva la prima modella transgender
Si respira un’aria nuova nel mondo della moda e questa ventata rigenerante è legata in qualche modo allo sdoganamento di certi canoni estetici tradizionali e ordinari. Vogue Paris ha deciso di portare avanti una rivoluzione in nome della “Transgender Beauty” e a tal fine ha scelto come icona di bellezza la modella brasiliana transgender Valentina Sampaio. La prima modella transgender a finire sulla copertina di marzo di Vogue Paris era già apparsa sulla copertina di Elle Brazil nel mese di novembre 2016. Valentina Sampaio è molto seguita sui social e viene considerata da alcuni l’erede di Gisele Bundchen. Gli scatti fotografici per questa uscita sono stati realizzati da Mert & Marcus.
La prima modella transgender sulla copertina di Vogue Paris: una rivoluzione culturale per i diritti LGBT
La direttrice di Vogue Paris, Emmanuelle Alt, nel suo editoriale su Valentina Sampaio ha sottolineato «l’importanza di questa copertina soprattutto perché porta avanti la lotta per i diritti umani del movimento LGBT». Inoltre, ha proseguito dicendo che: «Solo quando una modella transgender poserà in copertina su una rivista di moda, e non sarà necessario scrivere un editoriale in merito, sapremo che la battaglia è stata vinta». L’affermazione di sé, l’autodeterminazione, la presa di coscienza passano anche attraverso un riconoscimento di carattere estetico. Una scelta coraggiosa che si impone al di là dei luoghi comuni e che propone al mondo una bellezza perturbante e sublime.
Gli scatti che hanno immortalato la prima modella transgender su Vogue si configurano in un certo senso come il manifesto della Transgender Beauty. Ciò denota un’apertura mentale in grado di andare oltre certi schemi prefissati e di sorpassare certi pregiudizi tipici dei benpensanti (e troppo spesso malfacenti). Certi pregiudizi nascono da una visione dicotomica della vita per cui si vede “o bianco o nero” e per cui si tende a tagliare la realtà con l’accetta. Talvolta i criteri di giudizio si limitano a definire in modo estremamente rigido e ottuso ciò che ci circonda come se il nostro pensiero fosse “prigioniero” di schemi immodificabili. Ed è proprio l’acerbità del pensiero che porta a definire certe azioni “giuste o sbagliate”, “buone o cattive” senza mai considerare le sfaccettature caleidoscopiche di cui è composta la realtà. Ma la realtà stessa è impermanente, ricca di luci e di ombre, di sfumature perlopiù invisibili agli occhi umani e, che lo si voglia o meno, è soggetta al cambiamento, alla trasformazione e alla mutevolezza. L’alterità spaventa così come l’ignoto ma la bellezza non possiede né colore né genere, supera ogni limite terreno e, in un battito d’ali, dal particolare raggiunge l’universale.
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