Direzione PD: congresso, primarie e alto rischio scissione
Rinvia al congresso la Direzione PD, approvata la mozione che convoca l’assemblea nazionale. Gli scenari che si aprono sul futuro del partito sono sempre più prossimi al rischio scissione con l’indizione di primarie il più presto possibile: «Siamo tornati ai caminetti» tuona Matteo Renzi. «Dobbiamo ridare lo scettro al principe (popolo, ndr)», replica Bersani.
Ricatto morale, così Matteo Renzi apostrofa l’ipotesi di una scissione: «Se il segretario non fa il congresso prima delle elezioni me ne vado, è un ricatto morale» dice e aggiunge: «Io non dico vattene, dico venite». Dibattito acceso in direzione, all’interno dello scontro: il tema europeo, il ciclone Trump, la Le Pen in Francia anche se la riflessione politica è tipica di una certa “retorica del futuro” cui sia Renzi che il PD tutto ci hanno abituati da tempo. Il segretario non tocca il tema centrale: il voto (quando, in che modo e quale sarà il destino del Governo Gentiloni). Glissa, fa orecchie da mercante, si rivolge sarcastico ai giornalisti: «Ho due comunicazioni da fare: il congresso del PD non si fa per decidere quando si va a votare, e non c’è possibilità di rivincita sul referendum, purtroppo è una gara senza rivincita». Nulla quaestio sulle elezioni politiche, a detta del segretario se ne parla in sede istituzionale, e nulla anche sul destino del governo tant’è che viene respinta la mozione della minoranza sulla conferma nero su bianco di Gentiloni fino al 2018. I binari sono due: da un lato il pressing di Renzi sulle primarie il prima possibile, dall’altro la minoranza capeggiata da Bersani, Cuperlo, Emiliano, D’Alema (stranamente presente) preoccupati di una stretta sui tempi, dato l’impegno verso un cambio leadership.
Il punto perciò è tutto qui, negli interventi che seguono parlano Cuperlo, Bersani (in silenzio da quasi 2 anni), Speranza, Emiliano, Rossi, Orlando, Delrio, De Luca e molti altri. Gli uni e gli altri divisi su poca sostanza e molta forma per la costruzione di un terreno di gioco, le primarie sempre più vicine, sempre più infuocate. Michele Emiliano, candidato alla segreteria, dirà: «Non so come si fa a fare il congresso senza sapere qual è la legge elettorale. Escludo che si possa andare al congresso ad aprile: un congresso ad aprile senza conoscere la legge elettorale, che roba è?». E ancora: «Se tu – dice Emiliano a Renzi – oggi davvero vuoi mettere il congresso al centro della nostra discussione e fare un processo in cui chiunque vinca sostiene l’altro, il processo deve essere autentico». Dello stesso avviso Pierluigi Bersani: «Non sto dicendo di chi è la colpa ma vogliamo essere d’accordo nel dire che dalle regionali alle amministrative al referendum, un pezzo della nostra gente, un pezzo di popolo si è allontanato da noi? È vero o no che una parte di popolo non ci sopporta?».
A toccare il tema scissione, invece, è Roberto Speranza che arriva dritto al bandolo della matassa: «Sento parlare di scissione, continuamente. A me non fa paura la scissione nel futuro, a me fa paura la scissione che c’è già stata. Se ci sarà un congresso, è un congresso che servirà a ricucire un popolo». La replica di Matteo Renzi ricalca l’inizio, non si sbottona, per lui è ancora tutto da decidere: «L’assemblea ha la sovranità per decidere tempi e modalità del congresso. Il congresso si farà nei tempi decisi dall’Assemblea, come previsto dallo Statuto» e rivolgendosi al governatore della Puglia aggiunge : «Emiliano pone una questione: si può fare un congresso con la legge elettorale ancora in itinere? La legge elettorale non è un elemento ostativo al congresso per nessun articolo dello statuto né per il buonsenso della politica».
LA SINTESI: Come va letta la direzione del PD? Due forze uguali e contrarie l’una in netta controtendenza rispetto all’altra. Approvata la mozione renziana, che delega in bianco l’assemblea di ogni decisione rispetto al congresso quindi le primarie. Bocciata la minoranza che voleva vincolare il partito ad una fiducia al governo fino a scadenza naturale. Il perché? Forse Matteo Renzi ravvede in primarie anticipate una prova muscolare importante di riconferma della leadership, bruciando tempo e terreno a valide alternative. Meglio non dire per far cadere il governo al momento opportuno che dire per non far cadere.
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