Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

In data odierna, 6 febbraio, il mondo civile si stringe per la giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. In 30 paesi, soprattutto africani, l’infibulazione, l’escissione del clitoride, le varie pratiche di mutilazione genitale femminile rappresentano dei barbari riti di passaggio. Questi riti, secondo la tradizione, aumentano la rispettabilità delle donne costringendole alla castità forzata. Queste pratiche disumane violano i diritti umani e tendono a considerare le donne come oggetti di proprietà degli uomini: uomini che hanno scelto quale deve essere il codice di comportamento sessuale delle donne.

Purtroppo con il trascorrere del tempo queste pratiche stanno diventando sempre più frequenti, anziché diminuire. Ci si nasconde come al solito dietro alle varie ragioni sociali, sessuali, estetiche, igieniche, di integrazione sociale, come se fosse possibile trovare una giustificazione culturale a questo orrore. Non si può parlare né di tradizione né tantomeno di cultura ma solo di ignoranza e prevaricazione patriarcale. Con l’aumento dell’immigrazione negli Stati Uniti ad esempio, il numero degli interventi di mutilazione genitale femminile sarebbe addirittura aumentato. Ovviamente queste pratiche di tortura attuate sulle donne non sono né ammesse né giustificate dalla legislazione americana e italiana.

L’immigrazione di massa degli ultimi anni ha portato con sé queste atroci pratiche, come se la barbarie potesse far parte di un bagaglio culturale da portarsi dietro e di cui andar fieri. Oggi, giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, il mondo civile deve fermarsi per un attimo a riflettere per cercare di capire quali interventi possano essere attuati per eliminare una volta per tutte questa pratica diffusa. Il nuovo rapporto Unicef fa sapere che circa 200 mila donne e bambine hanno subito delle mutilazioni genitali e, rispetto al 2014, sembra siano stati contati 70 milioni di casi in più. L’Italia è al quarto posto in Europa per quanto riguarda la diffusione di questa pratica. Già dagli anni 90 però, grazie alla campagna di sensibilizzazione di Emma Bonino (“Non c’è pace senza giustizia”) l’Italia è riuscita ad approvare una legge che punisce chi pratica la circoncisione femminile, con una pena che va dai 3 ai 16 anni di carcere. Non possiamo più ignorare il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili e soprattutto non possiamo più restare a guardare questo scempio.

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