‘La bottega dei giocattoli’, Delia De Marco: “I bambini ci offrono tanto e pretendono altrettanto” [INTERVISTA]
Domenica 29 gennaio, al Centrale Preneste Teatro di Roma, andrà in scena lo spettacolo per bambini La bottega dei giocattoli. Un lavoro teatrale incentrato sulla necessità di affrontare i problemi e di superare le paure. A parlarcene, è stata la regista Delia De Marco.
La bottega dei giocattoli è un titolo che sin da subito ci catapulta nella dimensione dell’infanzia. Qual è stata l’idea di partenza che ha consentito l’ideazione dello spettacolo? Vi sono stati elementi/letture che hanno contribuito alla scrittura della storia?
“La bottega dei giocattoli è un lavoro ideato in collaborazione con Sandra Morellino la quale ha un’esperienza di circa trent’anni nell’ambito teatrale. Grazie a lei e a Giovanni Guarino – che si è occupato sopratutto dell’animazione teatrale – ho avuto la possibilità di esplorare nuovi aspetti del mondo infantile e di mettermi in gioco in quest’avventura (avventura che per nostra fortuna ha registrato un grande successo). Il testo nasce da una vecchia edizione di libro pop-up dal titolo La bottega magica custodito da Giovanni nella sua libreria da diversi anni: Sandra, avendolo sfogliato più volte, se ne innamora a tal punto di quell’atmosfera espressa nero su bianco in quelle pagine, da farne nascere il testo che è alla base de La bottega dei giocattoli“.
Fra le pagine di Al di là del principio del piacere, Sigmund Freud scrisse che il gioco ha una funzione che può essere riportata al fenomeno della “coazione a ripetere” e durante l’infanzia, diventa uno strumento per superare le esperienze dolorose. Ne La Bottega dei giocattoli, in che modo si esplica il rapporto gioco/esperienza negativa?
“Tutta la storia narrata ne La bottega dei giocattoli ruota intorno al piccolo protagonista George, un bambino allontanato dalla famiglia il quale si ritrova catapultato nel mondo del lavoro – in una bottega piena di giocattoli – che egli però riesce a trasformare in un gioco, creando così un mondo immaginario dentro cui rifugiarsi per poter sconfiggere le proprie paure”.
L’amore genera inevitabilmente la paura dell’abbandono. Questo sentimento si impossessa del piccolo George, quando la sua bambola Clara sparisce improvvisamente dalla bottega e il protagonista piange in modo disperato. Come reagiscono i bambini durante questa scena?
“In ogni spettacolo, il colore delle emozioni e le reazioni del piccolo pubblico sono soggette a mutazioni. Talvolta, quando il padrone della bottega obbliga George a lavorare, i bambini intonano in coro “Lavora!”. Ma nel momento in cui George perde la sua bambola Clara, i piccoli entrando in empatia con il dolore del personaggio, lo esortano a invocare ‘Mamma Luna’, la protettrice del ‘mondo magico’”.
Vivendo ormai in un mondo sempre più orientato al virtuale, “La bottega dei giocattoli” è forse un invito ai genitori affinché riportino i bambini a un contatto con il reale e dunque all’importanza delle relazioni umane?
“Una delle cose che maggiormente ci colpisce è quando, alla fine dello spettacolo, i bambini ci raggiungono per porci delle domande sui giochi di legno e sulle bambole che mettiamo in scena: sono incuriositi e guardano gli oggetti come se fossero dei reperti archeologici. Negli spettacoli domenicali sono presenti anche i genitori: qui la poetica del legno prende tutt’altra piega, fatta di nostalgia e di vecchi ricordi. Gli adulti ritornano bambini per tutta la durata de La bottega dei giocattoli. È una grande emozione”.
Qual è il tuo rapporto con il pubblico infantile?
“Penso che sia il migliore con cui poter lavorare: è estremamente sincero, non lo si può prendere in giro e soprattutto non si lascia prendere in giro. È molto interessante fare un teatro in cui il ruolo principale è quello di trasmettere messaggi e non semplicemente estetico. La recitazione non è altro che un gioco e sono proprio i bambini a darci questa possibilità di espressione. Ci offrono tanto e pretendono altrettanto. Il potenziale de La bottega dei giocattoli è che si tratta di uno spettacolo sempre vivo, come la vivacità del pubblico infantile. In continuo movimento”.
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