M5S, al debutto il voto elettronico
Reato di clandestinità: sì o no? All’apparenza un quesito semplicissimo, nella sostanza una decisione dirimente nella politica del Paese. Ieri, una parte degli iscritti al MoVimento 5 Stelle è stata chiamata a pronunciarsi in merito con una votazione on line. Il 63% dei votati ha scelto l’abolizione del reato: una decisione vincolante per gli eletti in Senato che oggi si esprimeranno sulla legge delle “depenalizzazioni”.
Mentre i grillini lodano con lirica esaltazione questo mirabile esempio di democrazia dal basso, “gli altri” sembrano essere interessati solo alla (presunta) spaccatura nel MoVimento. Dalle 10.10 di ieri mattina, quando il post ha fatto la sua comparsa in rete, è partita la caccia e il web è stato setacciato alla ricerca delle dichiarazioni dei “dissidenti” contro la gestione padronale del blog e contro il colpo di mano di Grillo e Casaleggio. Nel teatrino in cui si è trasformata la politica italiana, in questa eterna drammatizzazione che ci hanno abituato a considerare il dibattito politico, nulla sembra essere più gradito della rottura interna ai 5S. L’eccezionalità dell’evento, chiamare i cittadini a dare la propria opinione su un tema vincolando i Parlamentari alla decisione del web, però, obbliga ad un’analisi più profonda, non solo sull’esito del voto e sul dibattito che ha scaturito ma anche sulla forma della consultazione che, in questo caso, è sostanza. Ergersi a paladini della democrazia, presentarsi come “nuovi e migliori” obbliga a standard qualitativi molto elevati se non si vuole che il pressappochismo vanifichi un’iniziativa presentata come l’apice del processo democratico.
A fronte di un elettorato di oltre 8 milioni di cittadini, gli aventi diritto erano 80.000 (gli “iscritti certificati al 30/06/2013″): tutti gli altri, “utenti senza requisiti necessari” erano esclusi da questa decisione vincolante su un tema di capitale importanza come quello dell’immigrazione. Il post lapidario che annunciava il “referendum” è stato pubblicato a votazione iniziata e anche molte mail hanno raggiuto gli iscritti mentre le operazioni di voto erano già in corso. E se già qualcuno attribuisce l’effetto sorpresa alla paura di attacchi hacker (il gombloddo è sempre in agguato), la mancanza di preavviso ha fatto storcere il naso a molti. Certamente, il tema dell’immigrazione è noto e dibattuto, ma sottoporre la decisione sull’abolizione del reato nella forma “reato si o no? via al tempo” riduce la complessità della scelta ad una visione manichea, rendendo difficile comprendere le reali implicazioni dei possibili esiti. E se in molti hanno ribadito che la discussione sul tema andava avanti da lungo tempo sul blog, molti tra gli stessi votanti non sembrano aver compreso la reale natura del quesito. Così, in molti hanno votato a favore del mantenimento del reato perché, seppure sbagliato nella forma attuale, “non si può dire liberi tutti”, mostrando di non avere piena consapevolezza degli effetti reali della depenalizzazione del reato. La spiegazione “pragmatica” dell’emendamento proposto dai Senatori, infatti, non era presente sul blog: soltanto nella sezione “Parlamento” è stato pubblicato un post esplicativo del cittadino Cioffi. Orario di pubblicazione? 13,23. A far sorgere dubbi sulla democraticità del voto, però, è stato anche l’orario di apertura del seggio virtuale, dalle 10 alle 17 di lunedì. I lavoratori avrebbero dovuto decidere su un tema così importante dal posto di lavoro o non avrebbero potuto farlo. E chi non può o non vuole collegarsi ad internet in orario lavorativo?
Oggi in molti, trascurando il numero dei votanti, parlano di un movimento che si è “ribellato” ai fondatori. Veramente 24.932 voti su 80.383 aventi diritto dovrebbero essere un campione rappresentativo del pensiero della complessità dell’elettorato pentastellato? Si vuole vedere in questa votazione l’esito di una sorta di sondaggio che dovrebbe mostrare il “vero” volto di un movimento ingiustamente accusato di avere posizioni paraleghiste sull’immigrazione. La presa di posizione di una piccola percentuale dei militanti/iscritti/simpatizzanti 5S non può rappresentare il volere del “popolo della rete”, nemmeno se il 63% dei votanti ha scelto, prevedibilmente, l’abolizione del reato. Che lo zoccolo duro del movimento sia composto in gran parte da elettori con una tradizione di sinistra non è una novità degli ultimi due giorni. Che il tema dell’immigrazione clandestina fosse uno dei più delicati all’interno del movimento stesso l’aveva dimostrato la polemica dopo “l’indietro tutta” di Grillo e Casaleggio sull’emendamento presentato dai Senatori. Il risultato, però è vincolante per gli eletti in Parlamento, in barba all’articolo 67 della Costituzione. La mancanza di vincolo di mandato può non piacere, può essere contestata ma non si può deliberatamente ignorarla presentandosi come “i veri democratici”. Il voto di oggi al Senato, che in molti descrivono come una vittoria della democrazia diretta, sarò l’esito di una votazione (non controllata da alcuna società terza) che ha (involontariamente, forse) escluso dal processo decisionale un’ampia percentuale del proprio elettorato. Poteva essere l’occasione per mostrare, a chi denuncia la mancanza di democraticità all’interno del MoVimento, una gestione diversa e migliore, il simbolo di una rilevanza nuova data alla volontà dei cittadini. Le modalità con cui si è svolta, però, sembrano vanificare la potenza di questo innovativo strumento consultivo che non riesce a dissipare quelle ombre di populismo che sembrano allungarsi pericolosamente sul MoVimento.