La Giornata della Memoria è vana
27 Gennaio 2017, Giornata della Memoria. Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche della 60ª Armata del “1º Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento di Auschwitz e liberandone i superstiti. Quel giorno si rivelò al mondo per la prima volta l’orrore del genocidio nazifascista.
Da allora, la memoria e la testimonianza di Auschwitz si imposero come un onere e una necessità dapprima ai sopravvissuti (monumentale l’opera di Primo Levi per esempio) e nel corso degli anni a tutta la comunità internazionale fino all’istituzione della Giornata della Memoria nella data del 27 gennaio attraverso la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005.
Perché la memoria? Innanzitutto perché l’Olocausto pose l’umanità di fronte a una cesura netta tra ciò che c’era stato prima e ciò che ci sarebbe stato dopo; Auschwitz ha cambiato la percezione che l’umanità ha poi avuto di se stessa, non tanto perché quel livello di crudeltà fosse impensabile, quanto perché fino ad allora non era stato realizzato. L’inferno è sceso in terra nella seconda metà del Novecento, tuttavia non è piombato dal cielo ma è stato costruito dagli uomini per gli uomini. Una “novità” che portò filosofi del calibro di Theodor Adorno a dubitare della possibilità stessa di fare filosofia dopo Auschwitz.
Alla necessità della memoria come strumento di maturazione e di consapevolezza si affianca però, a conferma di una ulteriore unicità della Shoah, il carattere militante della memoria volto a difendere la verità dalla minaccia del Negazionismo. Il Genocidio degli ebrei porta infatti con sé, se non il primo, il più eclatante caso di Negazione della verità storica e di costruzione di una contro-verità fondata più su interpretazioni tendenziose e ricostruzioni ai limiti della narrativa tese a delegittimare la portata dell’orrore dell’Olocausto, riducendolo a proporzioni accettabili o negandolo in toto.
E’ alla luce di queste due ragioni che oggi, a distanza di decenni, il discorso sulla Shoah può e deve diventare anche critico, pena il perdere la sua fondamentale ragion d’essere: ricordare per non dimenticare, fare sforzo di memoria per imparare dagli errori del passato. Pur restando vigili sul fronte del Negazionismo, è fondamentale rendersi conto che la minaccia più grande alla memoria dell’Olocausto – come portato di senso – viene oggi da fattori quali la sacralizzazione dell’Olocausto stesso, che amplificando oltre il dovuto la specificità dell’evento lo astrae dal contesto storico. Invece che essere posta in relazione con altri eventi, la Shoah soffre della tendenza a esser mantenuta in un territorio a parte, intangibile, isolato dal resto della storia e perciò drammaticamente sterile.
Poiché se la Giornata della Memoria cade nello stesso momento storico in cui in Siria si può legittimamente parlare di genocidio dei bambini; in Europa si alzano muri di cemento e filo spinato contro esuli da guerre e inferni che continuano a nascere in terra; nel Mar Mediterraneo ogni giorno aumenta il numero dei morti lasciati affogare; in Palestina si portano avanti in maniera disumana un’occupazione e una prevaricazione prive di qualsiasi legittimità; nel Canal Grande di Venezia un ragazzo di 22 anni tenta di suicidarsi e annega davanti a centinaia di persone che lo filmano senza aiutarlo perché è negro; ovunque nel mondo si continua a discriminare, ghettizzare e troppo spesso aggredire il “diverso”…Se tutto questo ancora accade significa che la Giornata della Memoria ha un problema: non insegna più niente e non lo insegna da un bel po’.
Significa che è vana. Come la morte di chi attraverso il camino è volato via nel vento, e la sofferenza di chi con sforzi terribili ha cercato di rendere l’orrore comunicabile perché non accadesse più. Invece è tutto vano, perché accade ancora.
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.
Primo Levi
Sta pertanto ad ognuno di noi uscire dall’ipocrisia della Giornata della memoria ed assumere su di sé l’onore e l’onere della memoria, oggi come ogni giorno, al di là di qualsiasi sacralizzazione o negazione, contro gli inferni che sono stati, quelli che sono, e quelli che potranno essere.
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