Inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi: arriva la svolta

Chiusa l’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi: per la procura si tratta di omicidio preterintenzionale «I carabinieri sono accusati di omicidio, calunnia e falso. Voglio dire a tutti che bisogna resistere, resistere, resistere. Ed avere fiducia nella giustizia». Commenta così Ilaria Cucchi, sorella del geometra romano pestato a morte otto anni fa; ora il procuratore capitolino Giuseppe Pignatone e il pm Giovanni Musarò chiudono l’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi e dopo le assoluzioni dei sanitari del Pertini e degli agenti penitenziari, restituiscono finalmente un po’ di dignità allo Stato e fiducia nella Giustizia che grazia troppo spesso i carnefici uccidendo più volte le vittime.

 

Considerata assolutamente infondata l’ipotesi di morte per epilessia, nell’avviso di chiusura delle indagini si legge : «Fu colpito a schiaffi, pugni e calci». Il pestaggio, per l’accusa, provocò «una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale», sul giovane «lesioni personali che sarebbero state guaribili in almeno 180 giorni e in parte con esiti permanenti, ma che nel caso in specie, unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte».

 

Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, sono accusati di omicidio preterintenzionale, insomma le botte, i calci e i pugni sono andati ben oltre le “sole” intenzioni dei tre carabinieri di percuoterlo e lesionarlo e hanno procurato il decesso del giovane Stefano. Concretamente si va a configurare per l’ordinamento italiano la fattispecie di omicidio preterintenzionale, ma quanto cozza il dato oggettivo con il vanto spavaldo e ripetuto del carabiniere per il pestaggio sull’esile e inerme Cucchi?

 

La stupida e inquietante fanaticheria dell'”uomo” in divisa che commenta con la moglie al telefono «gliene abbiamo date tante» viene intercettata e inserita negli atti di indagine. Ora conferma tutto ai microfoni del TG3 Anna Canino, ex moglie di Raffaele D’Alessandro: «Perché ho deciso di parlare? Perché è giusto che a quella famiglia venga data giustizia. Ho voluto incontrare Ilaria per chiederle scusa, per farle capire che mi dispiace, che avrei dovuto parlare prima, ma non l’ho fatto perché avevo paura, ho tre bambini, quindi non è facile. Ilaria mi ha detto solo “grazie”, immagino quanto possa essere stato difficile» ha aggiunto.

 

Ma non è tutto, Francesco Tedesco e Roberto Mandolini (comandante Interinale della stazione di Roma Appia) sono accusati di calunnia e falso. Nel verbale di arresto avrebbero «attestato falsamente» che Cucchi non avrebbe voluto nominare un difensore di fiducia e nelle varie testimonianze rese in Corte d’Assise «implicitamente accusavano, sapendoli innocenti, tre agenti della penitenziaria, dei delitti di lesioni personali pluriaggravate e abuso di autorità».

 

L’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi si chiude con una nuova speranza di verità e giustizia per il nuovo processo, ma l’opinione pubblica si divide tra chi difende a spada tratta e per vile principio gli uomini in divisa, chiunque essi siano e detesta la presenza continua di chi parla e resiste, e chi invece si dissocia  e riconosce la tutela che degenera in abuso, perchè fortunatamente gli uomini con distintivo non sono tutti uguali, e allora sarebbe un grande passo verso un’ambita obiettività se l’Arma si costituisse come parte civile accanto alla famiglia Cucchi, né dietro in omertà né davanti in arroganza, ma accanto per coscienza.

 

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