Dieselgate ora tocca alla Renault : il titolo crolla in borsa
Dopo la Volkswagen, nello scandalo del Dieselgate ora tocca alla Renault. Poco più di un anno fa scoppiava il caso della manipolazione dei valori dei gas, la casa automobilistica tedesca era riuscita tramite l’installazione di un software ad hoc che durante i test di omologazione andava ad agire sul funzionamento del filtro, a tagliare le quantità di NOx in eccesso, permettendo all’auto di superare la prova, “salvo, però, rilasciare nell’aria, durante il normale utilizzo su strada, una quantità di ossidi di azoto 40 volte superiore ai limiti”.
Alla Wolkswagen, lo scherzetto è costato circa 20 miliardi tra sanzione civili e azioni penali, oltre l’arresto, sabato scorso di Oliver Schmidt, il manager che ha giocato un ruolo fondamentale nel piano truffaldino.
Ovviamente le indagini si sono estese a macchia d’olio e nello scandalo del Dieselgate ora tocca alla Renault. Ma l’accusa è completamente diversa: Secondo l’Epa, chiarisce il portale AlVolante.it, si tratta di una violazione del Clean Air Act, la legge federale sulle emissioni: in fase di omologazione la FCA non avrebbe comunicato che, durante la normale marcia del veicolo, il software che gestisce il funzionamento del motore può permettere un aumento delle emissioni di ossidi di azoto.
Il gruppo FCA si dice tranquillo e pronto a collaborare: “I nostri motori diesel”, è scritto in una nota del gruppo, “hanno un hardware di controllo delle emissioni all’avanguardia, compreso il sistema di riduzione catalitica, l’Scr. Ogni costruttore deve realizzare un equilibrio tra le prescrizioni di Epa relative al controllo di emissioni di ossidi di azoto e la necessità di rispondere a precisi requisiti di durata, prestazioni, sicurezza e contenimento dei consumi”. Mentre la Procura di Parigi indagherà sui dispositivi utilizzati dalla casa francese, intanto la notizia, inevitabilmente fa crollare il titolo in borsa che ieri mattina perdeva fino il 4,06%.
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