Voucher sì, voucher no
voucher
Al netto del detto “anno nuovo, vita nuova” il dibattito sui voucher prosegue come dal 2016. A lanciare l’asso che ha avviato polemiche e discussioni è stato il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, sin dal suo insediamento a Palazzo Chigi. Ma, prima di andare a fondo sulla questione dei “buoni lavoro”, chiariamo subito qual è il significato dei voucher e della loro utilità.
Per lo più noti a molti giovani ma anche a persone più mature, i voucher, sostanzialmente, servono a pagare prestazioni e contributi. Di fatto, quindi, servono a regolarizzare tutti quei lavoratori che si trovano a ricoprire un lavoro occasionale di tipo accessorio. Ora cosa da non tralasciare è come il peso del dibattito sui voucher dipenda per lo più da un problema che non ha mai smesso di affliggere la nostra società attuale, ossia quello del precariato. Le imprese proprio attraverso i voucher riescono a ottenere quella flessibilità necessaria a incrementare valori e ricchezze.
Entriamo però nello specifico, andando ad analizzare quanto riportato nella normativa dell’Inps. Essa precisa come sia “possibile utilizzare i buoni lavoro in tutti i settori di attività e in tutte le categorie di prestatori” (il che comprende tutte le tipologie di lavoratori). Si legge, inoltre, come non sia possibile svolgere prestazioni di lavoro accessorio presso il medesimo datore di lavoro se con quest’ultimo si ha già un contratto di tipo subordinato. C’è poi la nota per gli studenti, per i quali si precisa come essi possano svolgere un lavoro accessorio nei periodi di vacanza, compresi il sabato e la domenica. Infine, l’ultima riforma del jobs act che ha ampliato il limite che ogni lavoratore può percepire nell’arco di un anno mediante i voucher, modificandolo da 5.000 a 7.000 euro. In base a questi “enormi” cambiamenti il filo conduttore dei voucher resta però sempre lo stesso: i buoni lavoro costano meno ai datori di lavoro e di conseguenza vengono utilizzati di più, a discapito dei lavoratori. Ora, sebbene la situazione provocata dai voucher negli ultimi anni sia evidente, i sostenitori dei buoni lavoro continuano a respingere fortemente l’idea di abolizione dello strumento, seguendo la logica secondo cui i voucher vengono utilizzati per la maggior parte dagli studenti e, seppur in misura minore, dai pensionati. E questo, stando a quanto affermato, basterebbe a tirare avanti la carretta del precariato.
Naturalmente a riguardo ognuno è libero di pensarla come vuole. Questo è lecito. Ma ciò su cui, forse, si dovrebbe riflettere è il fatto che se effettivamente l’abolizione dei voucher si concretizzasse, sarebbe l’inizio di un reale passo in avanti, un salto verso una maggiore consapevolezza. Quella consapevolezza di crepe provocate ai danni di quegli stessi lavoratori e ai danni di chi, con un diploma, una laurea o un’esperienza secolare in mano esige soltanto un’adeguata retribuzione e, non da meno, una maggior riconoscenza lavorativa.
Torna alla HomePage Lineadiretta24
Leggi altri articoli dello stesso autore
Twitter: @valeriasantare2