Rivolta in carcere: almeno 60 morti in Brasile
Come nei peggiori film e sicuramente peggio, visto che si tratta di realtà. La rivolta in carcere scoppiata ieri in un penitenziario tra i più duri del Brasile, vicino la foresta amazzonica, è la peggiore che sia masi stata riscontrata nella zona, e lascia un bilancio di morti da fare accaponare la pelle.
Il carcere è l’Anisio Jobim, a otto chilometri dalla strada nazionale 174 che conduce a Manaus. Per 17 ore, tanto ci è voluto per sedare la protesta, si è trasformato in un bagno di sangue e violenza fuori non solo dell’ordinario ma anche dell’immaginario. Complici forse le disumane condizioni di vita al suo interno, e quell’intricato complesso di regole e di equilibri – spesso fuori ogni idea di giustizia – che fanno delle carceri dei luoghi extra-legge per eccellenza.
Secondo le indiscrezioni, non ci sono fonti sicure e nessun giornalista è stato fatto avvicinare fino alla repressione della rivolta, la strage sarebbe iniziata con l’insurrezione di alcuni detenuti che, afferrate e prese in ostaggio le guardie di servizio, hanno scatenato l’inferno. Gli scontri tra clan e fazioni rivali di detenuti sono andati avanti per 17 ore. I prigionieri hanno usato qualsiasi cosa potesse somigliare a un’arma, non solo armi da fuoco quindi ma anche coltelli, machete, spranghe e bastoni.
I morti confermati sono almeno 60, sei dei quali sono stati scaraventati senza testa all’esterno del carcere. Le forse dell’ordine sono riuscite a riportare la calma solo dopo molte ore di “negoziati” con i capi della sommossa che hanno riconsegnato tutte le guardie prese in ostaggio.
Inoltre, nella grande confusione derivata dalla rivolta in carcere, almeno 20 uomini sono riusciti ad evadere. Quindici sono stati ripresi nelle vicinanze del carcere durante la caccia all’uomo condotta con l’ausilio di cani ed elicotteri.
Il numero delle vittime è ancora provvisorio, e i sopralluoghi all’interno del carcere, hanno detto le autorità, potrebbero essere piuttosto lunghi.