Giuliano Poletti: il video delle scuse

Le dichiarazioni sui cervelli in fuga dall’Italia di Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, fanno scoppiare indignazione e risentimento in tutta la nazione.

Il ministro, ospite a Fano a un incontro organizzato dal Partito Democratico per discutere sui temi dell’economia e della cooperazione nel territorio marchigiano, si era lasciato andare a una considerazione del tutto sconveniente sui giovani italiani costretti a recarsi all’estero in cerca di un lavoro, quello che in Italia tra voucher, Jobs Act e pensioni “inarrivabili” è una possibilità oltre il remoto.

«Intanto – ha sostenuto Poletti – bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei “pistola”. Permettetemi di contestare questa tesi». E fin qui nulla da eccepire, ma poi il Ministro Giuliano Poletti prosegue e l’epilogo non può che far discutere: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi».

 

M5S, Lega Nord, Sinistra Italiana, Dem e alcuni esponenti del Gruppo Misto depositano in Senato una mozione di sfiducia contro Giuliano Poletti e la Lega annuncia anche un esposto sui finanziamenti pubblici, quasi mezzo milione di euro di contributi in tre anni, per Poletti Jr e il suo giornale romagnolo Setteserequi edito da una Coop di giornalisti.

La polemica scaturisce l’obbligato mea culpa di Giuliano Poletti, che certamente non si dimetterà ma prova a spegnere gli animi: «Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero – chiarisce Giuliano Poletti in un video pubblicato sulla sua pagina FB – penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro l’opportunità tornare nel nostro Paese e di poter esprimere qui le loro capacità e le loro energie».

Costretti ai cosiddetti buoni lavoro, a trovare la fugace felicità anche nella più piccola e precaria opportunità lavorativa, a subire la mortificazione costante di persone che senza titolo alcuno rivestono le più alte cariche dello Stato, a vedere chi sbaglia uscire dalla porta e rientrare dalla finestra, scusate dunque, se i più coraggiosi provano ad andare all’estero alla ricerca di un Paese fondato realmente sul lavoro.

 

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