5 cose che ognuno di noi può fare per aiutare la popolazione siriana
Le ultime, drammatiche notizie che arrivano dalla Siria sembrano aver trovato tutti d’accordo almeno su un punto: non stiamo facendo nulla per fermare quella che è la più grande tragedia del nostro tempo. Con i leader internazionali impegnati a far prevalere soluzioni legate ai propri interessi e l’opinione pubblica sopraffatta e assuefatta dal flusso inarrestabile di cattive notizie, il dramma siriano continua a protrarsi ignorato. È comprensibile non sentirsi partecipi di ciò che accade a migliaia di km di distanza, è un fatto naturale e succede così da sempre. Ma pensare il conflitto in Siria come qualcosa che non ci riguarda, e di cui non dovremo affrontare le future conseguenze, è un falso mito. Sfatiamolo proponendo cinque gesti concreti che chiunque può fare per aiutare la popolazione siriana.
Fare una donazione
Attraverso una donazione è possibile dare un prezioso contributo a chi si impegna a portare aiuti rischiando anche la vita. Sono moltissime le organizzazioni che si occupano di aiutare la popolazione siriana. Tra queste, Save the Children, Oxfam, UNCHR, Medici senza frontiere e i caschi bianchi siriani, che recuperano i feriti e i corpi dalle macerie degli edifici crollati, e che si stima siano riusciti a salvare, sinora, più di 22.000 vite. Accanto a queste, esistono molte altre organizzazioni meno conosciute, come ad esempio Watanili: uno dei loro progetti più recenti, “Cinema on the Go”, usa i film per combattere le conseguenze dei traumi nei bambini. O ancora, Small projects Istanbul e Karam Foundation, entrambe impegnare a fornire aiuti ed educazione ai bambini siriani rifugiati in Turchia.
Diventare volontario
Oltre agli enti che si occupano di aiutare la popolazione siriana nei campi per rifugiati o nelle zone del conflitto ce ne sono moltissime che agiscono nel nostro paese. Fare volontariato in una di queste organizzazioni aiuterà a fornire il primo supporto e rendere meno sofferto l’arrivo di chi fugge da guerra e miseria. Chiunque può dare una mano, ma se si conoscono le lingue straniere, particolarmente l’arabo, si può mettere a disposizione la propria conoscenza per fare da traduttori: ritrovarsi in un paese di cui non si conosce la lingua è un’esperienza devastante e proporsi come interprete può aiutare i rifugiati a comprendere i loro diritti e il nuovo ambiente che li circonda.
Aprire le porte della propria casa
Il sito web tedesco Refugees Welcome, di cui esiste anche la versione italiana, funziona come AirBnb, mettendo in contatto chi voglia mettere a disposizione la propria casa, o una stanza, con chi ha bisogno di essere ospitato. Si procede registrandosi online, e successivamente si viene contattati da un’associazione della propria città che si occupa dei rifugiati. Questa organizzerà un incontro con la persona da ospitare. Welcome refugees raccoglierà poi donazioni per aiutare l’ospite a coprire i costi dell’affitto e fornirà assistenza e sostegno costanti, assegnando alla famiglia o alla persona ospitante un volontario a cui sarà possibile rivolgersi in qualsiasi momento.
Informarsi, partecipare, condividere
Condividere un articolo su un social network o firmare una delle tante petizioni online possono sembrare cose da poco, gesti volatili. In realtà ogni piccola azione, anche se virtuale, può aiutare ad allargare il dibattito e, diffondendo la consapevolezza, arrivare a più persone possibile innescando partecipazione concreta. Basti pensare che a seguito della diffusione delle foto-icone di Aylan e Omran le organizzazioni no profit hanno registrato un consistente aumento dei donatori. Allo stesso modo, è facile intuire quanto sia nocivo contribuire alla diffusione della cattiva informazione online condividendo notizie false, di dubbia provenienza e non verificate.
Supportare le attività dei rifugiati tramite fundraising
Tra le sfide più drammatiche che i rifugiati si trovano ad affrontare arrivati in un paese straniero c’è la difficoltà a trovare un lavoro. Attraverso siti quali Kickstarter o Go Fund me si possono sostenere le attività di rifugiati siriani che iniziano campagne di raccolta fondi e far arrivare il proprio aiuto direttamente a chi ne ha bisogno. Come è successo con l’incredibile storia di Abdul Halim al-Attar, un 33enne siriano che ha ispirato una campagna di raccolta fondi diventata virale e che ha raccolto in poco tempo quasi 200,000 dollari.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_