Cos’è il MES e cosa c’entra con l’Italia
Prosegue da protagonista la spinosa questione legata al salvataggio delle banche. Monte dei paschi di Siena è il caso più eclatante, ma di certo non l’unico: Popolare di Vicenza e Veneto banca oltre alle quattro good banks non ancora acquistate rendono bene il quadro di un settore bancario italiano in forte crisi.
Come risolvere il tutto? Il cda di MPS si sarebbe visto bocciare dalla BCE la proroga di 20 giorni per il piano di ricapitalizzazione da 5 miliardi dell’istituto. Due di questi cinque miliardi sono già arrivati dalla conversione delle obbligazioni subordinate in azioni, ma le difficoltà maggiori si sono arrivate per mano dei cosiddetti sottoscrittori “retail” (investitori più qualificati, ma non istituzionali). E’ questo un piano di risanamento preparato da JP Morgan, grazie all’intermediazione di Renzi, e che nonostante il clamoroso fallimento ormai alle porte, vedrà comunque destinare alla banca d’affari americana una commissione da ben 450 milioni di euro. Il 21 dicembre è arrivato un nuovo piano di aiuti alle banche a firma del governo Gentiloni, approvato dal parlamento, il quale prevederebbe una ricapitalizzazione precauzionale degli istituti in difficoltà, finanziata da nuovo debito italiano per una somma pari a 18,5 miliardi. Per sapere dove lo stato vada materialmente a racimolare queste risorse consiglio la lettura di questo articolo del Fatto Quotidiano.
E se anche questo passaggio fallisse? All’interno dell’edizione online del 6 dicembre scorso, il quotidiano La Stampa fa riferimento a un decreto già pronto presso il Consiglio dei Ministri dal contenuto piuttosto interessante: «Il decreto a cui lavora il Tesoro vale ben di più dei tre-cinque miliardi invocati al mercato per Siena, e al momento non prevede l’intervento diretto dello Stato, bensì quello dell’Europa attraverso il fondo Salva-Stati Esm». La cronaca sembra smentire del tutto il quotidiano torinese, ma sono le dichiarazioni dello stesso Padoan, risalenti allo scorso 3 maggio, a ridare linfa alla tesi avanzata dal giornale di Molinari: «Perchè non utilizzare le risorse del Meccanismo europeo di stabilità? Perchè non valutare una sorta di Fondo monetario europeo che faciliti in modo coordinato i Paesi che hanno bisogno di essere messi in riga in termini macroeconomici e fiscali?». Se a queste aggiungiamo i calorosi suggerimenti di Volker Wieland, consigliere economico del governo tedesco, il disegno si fa piuttosto interessante.
Fondo europeo di stabilità, MES, fondo salva stati, ESM, meccanismo europeo di stabilità. Un momento, di cosa stiamo parlando? Proviamo a fare chiarezza sulla portata giuridica di un istituto che potrebbe segnare il nostro paese in negativo.
Il Meccanismo Europeo di stabilità
Era il lontano luglio del 2012 quando la Camera dei deputati approvò il disegno di legge di ratifica di un trattato internazionale conosciuto come “Meccanismo Europeo di stabilità”. Questo trattato ha istituito una vera e propria istituzione finanziaria internazionale nata, secondo gli stessi “considerando” del testo consolidato, a causa della necessità per gli stati membri della zona euro di istituire un meccanismo permanente di stabilità. Insomma, la crisi economica/finanziaria del 2008 ha fatto sorgere la necessità di un’istituzione che insieme alla BCE rappresenti una sicura governance europea a difesa dell’euro e della stabilità dei prezzi. Un’istituzione che superasse le due preesistenti (FESF e MESF) e che a detta di molti rappresenta oggi la più ricca istituzione finanziaria del mondo.
Tradotto in parole povere: uno stato della zona euro, in difficoltà finanziaria, può richiedere un prestito a questo fondo. E chi ce lo mette il contante? Secondo il trattato, ogni stato aderente al MES dovrà corrispondere una certa quota di capitale allo stesso: si va dai 190 miliardi della Germania, passando per i 142 della Francia, fino ai 125 dovuti dall’Italia. Per la precisione il trattato istitutivo prevede cinque rate annuali da 25 miliardi l’una, a partire dall’agosto del 2012. In totale tutti questi contributi costituiscono un capitale di 700 miliardi, di cui soltanto 500 erogabili come finanziamento per gli stati in difficoltà.
Mes e principi democratici
Chi controlla le operazioni? Anzitutto un Consiglio dei Governatori composto dai ministri delle finanze degli stati aderenti. Qualcuno ha avuto da ridire circa la carenza di democraticità di questo organo, dato che si tratterebbe di soggetti non eletti direttamente dai cittadini europei. Fatto sta che questo Consiglio non solo prende le decisioni più importanti riguardanti il fondo, ma nomina a sua volta il Consiglio di amministrazione del MES e il direttore generale dello stesso. Oltre a queste figure assumono rilevanza non solo il Commissario europeo degli affari economico-monetari e il Presidente della BCE, ma anche “altre persone” su invito del Consiglio dei governatori.
La sede del MES, come previsto dal trattato stesso, si trova nello stato del Lussemburgo. Questa è coperta da una particolare immunità che, al fine di realizzare l’obiettivo del fondo, protegge beni, personale, uffici amministrativi, membri e archivi da qualsiasi provvedimento giudiziario, amministrativo o normativo e soprattutto pone al riparo da ogni forma di giurisdizione tutte le proprietà del fondo stesso. Ovviamente, parlando di certe inviolabilità, facciamo riferimento a un’istituzione finanziaria che ha piena personalità giuridica ed è quindi in grado di acquistare e vendere beni, stipulare contratti e convenire in giudizio. Soltanto il Board del MES può decidere di rinunciare a queste immunità.
Un fondo che salva gli stati. Ma a quali condizioni?
Tre le ragioni per cui uno stato aderente, volontariamente, potrebbe ricorrere al MES troviamo:
- assistenza finanziaria precauzionale
- assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione di istituzioni finanziarie
- prestiti finanziari
Per rendervela semplice: una volta inviata la richiesta e superato il vaglio di BCE e Commissione, tutte queste forme di assistenza porterebbero a un’univoca conseguenza: l’art. 13 del trattato, infatti, chiarisce che il sostegno finanziario deve sempre essere condito da alcune condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite. Tradotto: nuove politiche forzate sulle pensioni, sul mercato del lavoro, ingenti privatizzazioni e molto altro ancora. Esattamente come accade in Grecia da 5 anni a questa parte.
Inoltre, dato che a partecipare alle procedure vi sono anche Fondo Monetario Internazionale, BCE e Commissione Europea, si può tranquillamente affermare che l’attivazione di questo fondo salva stati, come descritto ottimamente in questo video da Linda Undiemi, comporterebbe l’introduzione a pieno regime della troika nel nostro ordinamento.
Dunque ulteriori cessioni di sovranità, non solo a sovrastrutture europee (come da qualche anno a questa parte sta costantemente avvenendo), ma addirittura in favore di un’istituzione sostanzialmente sconnessa dalla stessa UE e soprattutto estranea alla giustizia. Un’organizzazione finanziaria, autorizzata dal trattato ad operare sui mercati di rischio, i cui revisori contabili sono determinati dalle stesse teste che prendono le decisioni.
Liquidità, c’è bisogno di altra liquidità
Abbiamo aggiunto un tassello di non poco conto. Il MES può fare ricorso all’indebitamento sui mercati dei capitali con banche, istituzioni finanziarie o altri soggetti, il tutto per la “realizzazione dell’obiettivo” dell’istituto stesso, la stabilità. E se il direttivo del fondo cominciasse a fare le bizze con derivati e certificates? Se gli affari sui mercati (primari e secondari) andassero male? Anzitutto c’è da dire che, qualora i denari versati dagli stati aderenti al fondo scendessero al di sotto di una certa soglia critica, il Consiglio dei governatori potrebbe ordinare agli stati aderenti di versare tutto il rimanente capitale autorizzato in una tranche. Come? Attraverso una decisione presa con votazione semplice, in un sistema dove ogni stato aderente al MES ha tanti voti in proporzione alla quantità di capitale versato. Sì, avete capito bene.
Se questa può sembrarvi un’ipotesi dispotica, addirittura farsesca appare essere quella per cui il Consiglio dei governatori, essendone autorizzato dal trattato, può richiedere un adeguamento del capitale autorizzato in qualsiasi momento. Praticamente un assegno in bianco a spese degli stati sovrani.
Tutti tranne la Germania
Non tutti hanno però accettato incondizionatamente questo passaggio del trattato. Come illustrato da questo esaustivo articolo del Sole24ore infatti, la Corte Costituzionale Tedesca ha sì respinto i ricorsi avversi alla ratifica del trattato istitutivo del MES, ma con due importanti condizioni:
- Qualora il Consiglio dei governatori decidesse per un aumento del capitale tedesco nelle casse del MES, la decisione dovrà passare obbligatoriamente dal parlamento nazionale dello stato in questione.
- Non vige diritto di riservatezza nei confronti del parlamento tedesco.
Una decisione forte quella di Karlsruhe, ma indirizzata su binari già tracciati nel corso degli anni dalla giurisprudenza tedesca.
La domanda da porsi è dove siano i nostri giudici ordinari e, perchè nessuno, nel panorama giuridico italiano, alzi un dito rivolgendosi alla Corte Costituzionale. Dove sono stati i nostri politici quando era il momento di dire no a questo trattato? Una risposta a quest’ultimo quesito, seppur parziale, ce la offre l’attuale Ministro della giustizia Orlando, visibilmente pentito durante la festa del Fatto Quotidiano nel settembre 2016 ma, soltanto due mesi più tardi, pronto a mettere la mano sul fuoco per misure europee (bail in e mes) nel corso di un’intervista concessa a Sky.
Imprese, cittadini e istituzioni devono assumere la consapevolezza che, in caso di richiesta di aiuto al MES, lo stato verrebbe sottoposto ad ingenti cessioni di sovranità. Soprattutto, però, è fondamentale che sia messa la parola fine alle prese in giro su MPS e che finalmente si racconti la verità, senza più inganni per i risparmiatori. Il Meccanismo Europeo di stabilità è per ora un’opzione percorribile dall’Italia, ma non ancora una realtà. Qualora lo diventasse non dite di non essere stati avvisati.
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