“In arte Nino”, al Roma Fiction Fest il Manfredi più segreto

Saturnino Manfredi, prima di diventare Nino. Con le sue origini contadine, la grande lotta contro la malattia, le sue sfide artistiche e quel papà maresciallo che sognava per lui una carriera da avvocato. E’ questa la storia raccontata in In arte Nino, il film per la tv presto in onda su Rai Uno e presentato in anteprima al Roma Fiction Fest 2016.

in arte ninoNon aveva fiato, ma già cantava. Nel sanatorio in cui era paziente da giovane per via della tubercolosi che lo colpì negli anni della guerra, Nino Manfredi, ancora ventenne, allietava le terapie dei suoi compagni di corsia con i primi stornelli. Con la distintiva forza vitale orgogliosamente “ciociara” riuscirà a scampare la morte. Un po’ anche “Per grazia ricevuta”, come amerà credere la devota mamma, e come, in futuro, si intitolerà uno dei film più famosi che lo vedrà protagonista, quando già sarà entrato nell’Olimpo dei mostri sacri della commedia all’italiana con Gassmann, Tognazzi, Sordi. Poi la gavetta “clandestina” contro il volere della famiglia, l’avanspettacolo, il lavoro squattrinato nei bar in cerca di un’indipendenza. E infine, una sera, una telefonata. “E’ la Rai” gli dice la moglie Erminia Ferrari (Miriam Leone nel film), che rimarrà al suo fianco fino all’ultimo, per cinquantanni; “Mi hanno preso per Canzonissima”, annuncierà lui. E’ l’inizio di una storia che è quella della cultura cinematografica e popolare italiana.

A prestare il volto al giovane Manfredi è Elio Germano, in una prova d’attore credibilissima, dopo il biografico su Giacomo Leopardi: “Elio era l’unico che poteva interpretarlo, un grande conoscitore della storia di mio padre” spiega Luca Manfredi, regista della pellicola e primogenito dell’attore morto nel 2004, che lui stesso diresse per tanti anni nei leggendari spot della Lavazza in tv. “Fare un omaggio a questo grande attore è stato come omaggiare questo mestiere” gli fa eco, emozionato, l’attore romano. “Attori come Nino erano percepiti dal pubblico quasi come persone di casa, perché erano specchio della nostra società. Quello era un cinema che aveva l’obiettivo di raccontare il nostro paese, non si era ossessionati dall’incasso, da logiche oggi dominanti. Questo li ha resi speciali ed è il motivo per cui li ricordiamo ancora”

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