Siria: morto il clown Anas Al-Basha
Due giorni fa è morto il clown Anas Al-Basha, il sorriso dei bambini di Aleppo. La maggior parte di noi non sapeva nemmeno chi fosse Anas Al-Basha, prima di vedere la sua parrucca colorata e il suo naso rosso nei titoli dei giornali.
E’ morto il clown Anas al-Basha, e per noi occidentali la cosa ha forse un certo che di tragico, di teatrale: è morto un clown. Una cosa grottesca, come lo spettacolo di un clown triste, che forse ci colpisce più per la sua carica evocativa che per la durezza della sua realtà. Un paradosso insomma, che muoia un clown.
Non è che si voglia giudicare, o di continuo additarci come causa e ragione di tutti i mali. Però, almeno sfuggire dall’ipocrisia, rendersi conto che non possiamo dire proprio niente su Anas al-Basha il clown di Aleppo. Perché che cosa ne sappiamo noi, di Aleppo?
Allora possiamo leggere il resoconto, venire a conoscenza del fatto che è morto il clown Anas al-Basha, a 24 anni, mentre vestito da clown in mezzo a gente con i mitra tentava di alleviare le pene dei bambini attraverso un sorriso. Possiamo apprendere dall’associazione di cui era parte, “Space for Hope”, che Anas è mancato in seguito a un bombardamento delle forze lealiste. Possiamo leggere gli appelli dell’Onu per un cessate il fuoco altrimenti la popolazione di Aleppo rischia lo sterminio.
Ma non possiamo compatire, non possiamo soffrire: perché noi cosa ne sappiamo del dolore di Aleppo, e della speranza di Anas? Noi non possiamo comprendere cosa siano le città rase al suolo, le scuole – quelle dove Anas prestava servizio – piene di bambini senza genitori, il terrore costante, la quotidianità della tragedia, i parchi giochi sotterranei (l’associazione “Space for Hope” aveva avviato la costruzione di parchi per bambini sottoterra per sfuggire ai bombardamenti, ma adesso il progetto è sospeso a causa dell’inasprimento del conflitto).
Per quanto empaticamente pretendiamo d’essere vicini, noi vicini non possiamo esserlo. Perché è morto Anas Al-Basha, il clown di Aleppo, ma per noi la sua tragedia è spettacolo, come fosse un personaggio di Euridipe, di Shakespeare, o di Brecht.
Noi non possiamo capire il sorriso di Anas al-Basha, un clown nella guerra. E il volto di quei bambini per cui, il 30 novembre, non è morto Anas, ma uno degli ultimi volti della speranza, in un luogo in cui di speranza, ormai, non ne esiste più.
Che cosa vogliamo saperne noi, della storia di Anas?
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