Cassazione: omossessuale non è un insulto

Dare dell’omossessuale non è un insulto, lo ha stabilito ieri la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50659 annullando così senza rinvio la condanna per diffamazione inflitta il 20 marzo del 2015 dal Giudice di pace di Trieste nei confronti di un uomo per il reato di diffamazione commesso ai danni di C.U., identificandolo nell’ambito di una querela proposta nei confronti di altra persona come “omosessuale”.

 

Protagonista della vicenda il settantenne conte argentino Carlo Alberto Chichiarelli, già noto ai media in relazione alla pesante condanna inflitta nei confronti della Gestione Commissariale per il Piano di rientro di Roma Capitale al pagamento di oltre 13 milioni di euro a favore dello stesso Chichiarelli come titolare di cessione di credito da parte di una delle eredi Vaselli per l’enorme espropriazione dei terreni di Tor Bella Monaca appartenuti al conte Romolo Vaselli. Ma l’argentino viene anche ricordato per la nobile azione che riguarda le sue proprietà nella città dei Papi, infatti nel 2015 aveva aperto i cancelli della sua Villa ai castelli per accogliere i senza tetto, gli sfrattati, gli sgomberati e i migrati.

 

Condannato dal GDP di Trieste ad un’ importante pena pecuniaria per il reato di diffamazione, l’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione contestando la stessa natura offensiva del termine “omossessuale“, ed evocando la perdita di qualsiasi carattere lesivo di tale espressione nell’evoluzione del linguaggio comune. La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato in diritto il ricorso presentato, annullando la precedente pena inflitta affermando che “nel caso di specie, è innanzitutto da escludere che il termine omosessuale utilizzato dall’imputato abbia conservato nel presente contesto storico un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in un passato nemmeno tanto remoto. A differenza di altri appellativi che veicolano il medesimo concetto con chiaro intento denigratorio secondo i canoni del linguaggio corrente, il termine in questione assume infatti un carattere di per sé neutro, limitandosi ad attribuire una qualità personale al soggetto evocato ed è in tal senso entrato nell’uso comune”.

Omossessuale non è un insulto, non presenta di per sé  alcun carattere lesivo della reputazione del soggetto passivo, pertanto la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

 

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