Il futuro di Cuba dopo la morte di Fidel Castro
Sebbene abbia lasciato il testimone al fratello Raul da ormai dieci anni, la vita e la morte di Fidel Castro continuano ad intrecciarsi con la storia di Cuba. Con la sua scomparsa l’isola si trova ad un crocevia storico: le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi saranno decisive. La morte dell’ultimo leader comunista del XX secolo significherà ripensare completamente il modello politico ed economico del paese. Nonostante gli sia succeduto Raul, Fidel Castro è rimasto una presenza ingombrante per Cuba: sia a livello mediatico che riguardo le decisioni politiche importanti, per le quali, si dice, era sempre consultato. Raul è riuscito dove Fidel non ha voluto spingersi: il più giovane dei due fratelli ha saputo portare avanti un piano di riforme economiche graduale, ed è legittimo aspettarsi che il futuro prossimo di Cuba continuerà ad andare in questa direzione. Forse, addirittura, sarà accelerato dopo la morte di Fidel. La sfida della ripresa economica, l’apertura ad un modello politico più democratico e la gestione dei rapporti con gli Stati Uniti restano i nodi più difficili da sciogliere.
I rapporti con gli USA dopo la morte di Fidel Castro
Il riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti ha visto protagonisti l’ormai ex presidente Obama e Raul Castro, che hanno portato avanti il “disgelo” senza la completa approvazione di Fidel. Con la morte di quest’ultimo e la scadenza del mandato di Obama, però, lo scenario è completamente capovolto. Il neo-eletto Donald Trump ha condannato il cinquantennale regime castrista definendo il suo leader un «brutale dittatore» e dichiarandosi pronto a fare «di tutto per portare la libertà nell’isola caraibica». Obama aveva riposto le sue speranze nel piano di riforme di Raul, ma con tutta probabilità le cose sono destinate a prendere binari differenti dopo l’elezione di Trump. A settembre, quello che è l’attuale presidente spiegava in un discorso che «Tutte le concessioni che Barack Obama ha accordato al regime di Castro sono state fatte con ordini esecutivi, il che significa che il prossimo presidente può cancellarle» aggiungendo di averne tutta l’intenzione, a meno che «il regime di Castro non soddisfi le nostre richieste».
La sfida sull’economia
Nei quasi 50 anni al potere, il regime castrista ha sempre visto nel capitalismo statunitense il suo più acerrimo nemico. Questo, insieme alla dipendenza dai generosi fondi dell’URSS, ha legato Cuba all’Unione sovietica per anni. Il crollo di quest’ultima nel 1991 priva L’Avana delle sovvenzioni ormai decennali e segna un duro colpo per l’economia cubana, così come sarà per il collasso economico del Venezuela chavista, che in tempi più recenti ha lasciato l’isola a corto di fornitura di petrolio. Le conseguenze di entrambi gli eventi sono state disastrose: spariti molti beni di prima necessità è cresciuta la sete di denaro, in direzione contraria a quello che gli ideali castristi auspicavano per la società cubana. Il passaggio del testimone nelle mani di Raul è stato, in quest’ottica, una scelta doverosa e necessaria, che ha traghettato il paese verso il futuro, seppur lentamente. Il disgelo con gli USA iniziato nel dicembre 2014 ha portato ad un rilassamento delle sanzioni economiche ai danni dell’Avana, ma la strada verso l’apertura all’economia di mercato e il pluralismo economico è ancora lunga. Secondo il World Economic Forum, se da un lato i benefici delle riforme sociali intraprese dopo il 1961 sono encomiabili e innegabili (accesso gratuito ad educazione, servizi e cure mediche), la stagnazione economica ha trainato il paese verso il basso. Cuba, con i suoi 12 milioni di abitanti, non dispone delle risorse interne per sostenere un’economia basata su un’oligarchia di imprese private, ed è più probabile, secondo il WEF, che la liberalizzazione economica avverrà in modo lento e graduale.
Verso il post-comunismo
La morte di Fidel Castro porta a chiedersi se cambierà davvero qualcosa per l’isola caraibica. Nonostante l’avvio delle riforme, Raul ha fatto sapere di non voler abbandonare il socialismo. Cambiare Cuba sì, ma anche portare avanti l’eredità della rivoluzione saranno gli obiettivi fino al 2018. E poi? In un paese in cui l’esercito gode di ampi poteri, una svolta democratica all’orizzonte sembra improbabile. Il modo in cui l’isola abbandonerà il comunismo resta da definire. Così come se l’apertura economica andrà di pari passo con maggiore libertà politica, chiesta a gran voce da molti cubani.
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