Stamina: velo di Maya o rigore scientifico?

Rivelazioni shock quelle fatte dal Nas (Nucleo anti sofisticazione), che da qualche giorno ha dato il via ad un’indagine riguardante il controverso “metodo” Stamina, ideato e portato in auge dal laureato in lettere e filosofia Davide Vannoni. Il nome prende origine proprio dal tipo di cellule impiegate per l’applicazione di infusioni (di norma 4-5 cicli a paziente) che vengono effettuate su soggetti aventi patologie come sla e sma1.

Questa terapia, mai ufficialmente riconosciuta dagli organi competenti in materia (Ministero della Salute in primis), ha generato e continua a produrre numerose polemiche a suo seguito. Se da un lato i pazienti affetti da alcune delle patologie di cui sopra hanno effettivamente tratto giovamento dalla cura sperimentale, vedendo così migliorare le proprie condizioni di vita, dall’altro proprio la non chiarezza dello stesso metodo ha indotto e porta gli organi competenti a diffidare della sperimentazione ed, anzi, a chiedere che questa venga interrotta per evitare inutili rischi per i pazienti. 

 

La Stamina Foundation Onlus prevede la conversione di cellule staminali solitamente destinate alla generazione di tessuti ossei e adiposi, in neuroni; la terapia si basa sul prelievo di cellule dal midollo osseo dei pazienti stessi, la loro manipolazione in vitro e infine la loro infusione. Il problema, però, è che nella terapia sperimentale ideata da Vannoni non pare ci sia affatto la presenza di cellule staminali, se non in minima parte. Un metodo stamina senza ‘stamina’, che comporterebbe poi una serie di rischi connessi alla tipologia di cellule utilizzate nonché alla loro provenienza; il comitato scientifico chiamato a far luce sul caso afferma che “la popolazione cellulare che si ottiene non è purificata, non è omogenea, non è una popolazione di cellule staminali, che vi è il rischio di trasmissione di malattie infettive per assenza di controlli delle cellule del donatore, ma anche di altri rischi per i pazienti, come quello della Bse (il morbo della mucca pazza)”. Vannoni si dichiara indignato, rettificando l’affermazione che rileverebbe l’assenza delle staminali all’interno del suo progetto sperimentale; il direttore del centro di Medicina rigenerativa ‘Stefano Ferrari’ di Modena e Reggio Emilia (nonché uno dei pionieri in Italia nella ricerca e trattazione delle staminali), Michele De Luca, appare invece sollevato dalle ultime scoperte dei carabinieri e sottolinea che “Quanto è stato pubblicato non fa che ribadire quanto noi scienziati ripetiamo da mesi: non solo non esiste un metodo Stamina in grado di differenziare le staminali mesenchimali in neuroni, ma la sua somministrazione rappresenta un reale pericolo per i pazienti“. Elena Cattaneo, direttore del laboratorio sulle cellule staminali di Milano, dichiara che non c’è scientificità dietro le opere di Vannoni, ma solo interessi economici di tipo internazionale che portano però a creare ed alimentare false illusioni nei pazienti che si sottopongono alla cura; dal prossimo gennaio partirà inoltre l‘indagine conoscitiva sul caso Stamina direttamente in Senato che si baserà sulla consultazione capillare di tutti gli atti fino ad ora prodotti ma anche sul dialogo con le famiglie dei pazienti e dei malati. Che il metodo sia o meno valido, che dia speranze concrete o si riveli solo l’ennesimo prodotto di una società essa stessa malata e priva di scrupoli lo determinerà solo il tempo. Per ora, l’augurio più caro va ai malati, a chi soffre, a chi ci si auspica abbia, alla fine di questo calvario, un lieto fine da festeggiare.

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