Vi sarete sicuramente imbattuti in uno di quei cartelloni pubblicitari che promuovono servizi funebri innovativi e dispendiosamente indimenticabili. Già, pare proprio che la semplice sepoltura in una bara di legno sia passata di moda. Per garantire un viaggio più dignitoso verso l’eterno riposo sono proliferate soluzioni per tutte gli addii e le tasche, dalla diamantificazione delle ceneri del defunto, allo shop online direttamente sul sito dell’agenzia, per chi vuole un funerale 2.0.
Pensieri macabri e raccapriccianti che la maggior parte di noi spazza via toccando ferro o cimentandosi di sfuggita in altri gesti scaramantici.

Per Renato Cane però uno di quei banner pubblicitari affisso sul tram come l’offerta sui panini di un fast food è un’illuminazione.

Renato Cane è un uomo qualunque: 39 anni, ha una moglie, un figlio, un lavoro che non gli piace e da poco anche un cancro. Sembra che ormai l’unica cosa da fare sia aspettare l’inevitabile e Renato vuole pensare a tutto: si licenzia da rappresentante farmaceutico, tenendo come buonuscita qualche pillolina “di sostegno” per gli ultimi mesi e si affida completamente alle “attenzioni” dell’agenzia di pompe funebri BBB.

Da qui il monologo incessante e schizofrenico interpretato da un instancabile Marco Vergani raggiunge i picchi più grotteschi e divertenti dell’intero spettacolo. La vita di Renato Cane è ormai un tunnel senza via d’uscita, ma l’unica cosa che ci ricorda che stiamo davvero assistendo alla morte è la doppia fila di neon ai lati del palcoscenico cupo e semivuoto. Renato Cane, unisce la deformazione professionale di venditore ad un’eccessiva dose di psicofarmaci, racconta, imita e riesce a farci ridere sulla cosa di cui non si vuol mai parlare.

L’eternità dolcissima di Renato Cane, scritto da Valentina Diana per la regia di Vinicio Marchioni è in scena al Teatro Brancaccino fino a domenica 6 novembre.