Cristicchi: “Undicesimo comandamento non dimenticare”
Si spengono le luci in platea. Da subito il pubblico viene assalito da un fischio assordante e freddo. La bora introduce in un non-luogo di sedie accatastate l’una sull’altra come ragni, mobili di ogni genere, gettati alla rinfusa, libri e quaderni di scuola dalle pagine ingiallite. Siamo a Trieste, precisamente nel Magazzino18, o in quel che ne rimane.
Neanche il vento fortissimo del nord est riesce a scompigliare i ricci di Simone Cristicchi, che nei primi minuti di spettacolo ci porta nel vivo di questo magazzino del Porto Vecchio di Trieste, letteralmente un cimitero di masserizie, un ricovero di oggetti in apparenza inanimati. Si tratta del luogo simbolo dell’esodo biblico degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia nel 1947.
Si scoprirá che gli oggetti sono dei veri e propri soggetti, dotati di una storia, un nome, una data di nascita, un’anima. Dentro tutto quel legno “ci sono più fantasmi che acari”, tra quei mobili antichi più voci umane che ratti che corrono. Una lezione di storia, di geografia, ma prima di tutto una lezione di vita. Anzi di vite. Centinaia, migliaia, milioni di esistenze scampate alla bora, il cui conto ancora non torna, nemmeno a un contabile preciso come il fantomatico archivista romano (unico personaggio di fantasia). {ads1}
Il trentaseienne romano racconta, mediante l’uso di parole suggestive e dalla grande capacità metaforica e canzoni inedite, in romano e in triestino, la storia trascurata dei profughi italiani costretti a fuggire dalla loro terra. Un solo protagonista sul palco, nei panni dell’umile e ignaro archivista romano, del narratore, elegantemente vestito e dotato di una dizione perfetta, del profugo istriano, dell’esule di Fiume, del deportato dalmata, della studentessa triestina abusata e gettata nelle foibe. Simone Cristicchi all’anagrafe, ma per questa rappresentazione non ha un nome, perché potrebbe averne migliaia.
Questo spettacolo scritto con Jan Bernas e diretto da Antonio Calenda, vuole essere un esempio di musical-civile, un ricordo doloroso ma anche epico di quelle popolazioni cacciate dal regime comunista di Tito ed emigranti verso l’Italia (pur essendone stati, fino a quel momento parte integrante). Il vincitore di Sanremo 2007 con Ti regalerò una rosa continua ad ispirarsi a storie vere anche in teatro e cita personaggi noti come la diva Laura Antonelli, lo stilista Ottavio Missoni, il cantante Sergio Endrigo, tutti nati in queste terre e poi costretti a fuggire in giovane età. A coadiuvarlo in questa importante e difficile missione una bambina bionda, e un coro di voci bianche, a fare da sottofondo.
Tra il pubblico commozione, rabbia, risentimento per uno spettacolo estremamente crudo, quanto la realtà dimenticata, omessa, distorta. Non è mancato anche qualche disappunto per gli avvenimenti narrati, secondo alcuni (pochi), non propriamente fedeli. Ma quello che sicuramente rimarrà, oltre alla consapevolezza di una storia sconosciuta ai più, saranno gli applausi e i complimenti urlati, le bandiere alzate a un cantautore italiano, dopo questo spettacolo sempre più canta-attore: Simone Cristicchi. E l’undicesimo comandamento, che vale per tutti noi: non dimenticare. Magazzino 18 sarà in scena alla Sala Umberto di Roma dal 17 dicembre per una settimana.