Turchia, tra repressione degli organi di stampa e torture
Prosegue la repressione degli organi di stampa turchi a opera dell’esecutivo di Erdogan, avallata dagli strumenti messi a disposizione dallo stato di emergenza proclamato dal governo in seguito al tentato colpo di Stato del luglio 2016. Sono quindici le testate, in maggioranza curde, chiuse con un decreto legge emanato a fine ottobre. Tra queste, vi è la DIHA, una delle principali agenzie di stampa curda e JINHA, testata incentrata sulle questioni femminili. Chiuse anche tre riviste collegate al quotidiano Evrensel, di sinistra e pro-curdo. L’accusa rivolta loro è quella è quella di propaganda del gruppo armato curdo PKK. Secondo Elif Görgü, a capo di Evrensel, «Erdogan sta approfittando del tentato golpe per imporre un regime di partito unico e per fare ciò deve eliminare l’opposizione e mettere a tacere tutte le voci in difesa della democrazia, della pace e dell’uguaglianza in Turchia».
L’ultima vittima della repressione degli organi di stampa turchi è stato il quotidiano progressista Cumhuriyet, uno dei pochi quotidiani di tiratura nazionale ancora critico nei confronti del governo, accusato di appoggiare la rete di Gulen e il PKK curdo. Proprio Cumhuriyet era stato il vincitore dell’ultima edizione del Nobel Alternativo concesso dalla fondazione The Right Livelihood Award, per il suo «coraggioso giornalismo d’inchiesta e il suo impegno nella difesa della libertà d’espressione di fronte all’oppressione, la censura, il carcere e le minacce di morte». Cumhuriyet ha fatto sapere che lunedì 31 ottobre, 13 giornalisti sono stati arrestati e Numan Kyrtulms, portavoce del Governo, ha dichiarato che gli arresti sono stati il risultato di indagini iniziate nel mese di agosto.
Nel frattempo, il 25 ottobre, Human Rights Watch (HRW) ha rilasciato un report in cui denuncia episodi di tortura e maltrattamenti di individui da parte della polizia turca durante la loro custodia. L’indizione dello stato di emergenza avrebbe infatti permesso, secondo HRW, l’adozione di due decreti che hanno cancellato cruciali forme di tutela dei diritti umani e che hanno negativamente colpito le condizioni di detenzione e i diritti dei detenuti. Il rapporto riferisce nel dettaglio di 13 casi di presunti abusi in seguito al tentato colpo di stato, che includono posizioni “di stress”, privazione del sonno, pestaggio, abuso sessuale e minacce di stupro. Hugg Williamson, direttore di HRW per l’Europa e l’Asia centrale ha affermato che «attraverso la rimozione delle clausole di salvaguardia contro la tortura, il governo turco ha effettivamente dato carta bianca alle forze dell’ordine per torturare e maltrattare i detenuti a loro piacimento». La previsione di decreti di emergenza assolverebbe i funzionari governativi da ogni responsabilità per ogni azioni intrapresa e sempre da Williamson è giunto l’appello al governo turco affinché revochi i decreti e inizi le indagini sulle accuse di tortura e maltrattamenti segnalati dai detenuti.
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