Fiat lux: il Vaticano apre gli archivi dittatura Baires
Il Vaticano ha deciso di fare luce sull’oscuro periodo della dittatura Baires in Argentina, periodo del quale conserva nei suoi archivi documenti che potrebbero rivelarsi molto preziose. In quegli anni (1976 – 1983) sparirono circa trentamila persone, i cosiddetti desaparecidos. Jorge Mario Bergoglio, il nostro papa Francesco, che è stato provinciale dei Gesuiti argentini in quel difficile periodo, ha incontrato più volte chi ormai da decenni tenta di denunciare le sparizioni avvenute. Ad esempio Estella Carlotto, leader delle Abuelas (nonne) de Plaza de Mayo, (in passato piuttosto critica nei confronti del papa), che è stata ricevuta due volte, la prima nell’aprile 2013, e la seconda a novembre del 2014, dopo che peraltro aveva ritrovato, dopo ben 36 anni, un nipote, il figlio di una figlia desaparecida. La donna aveva chiesto al Papa di aiutare ad “aprire gli archivi del Vaticano e della Chiesa argentina per trovare informazioni sui circa 500 bambini spariti” sottolineando che “tra i vertici della Chiesa c’erano complicità e omissioni”. Francesco promise di farlo.
Nel 2015 anche un’altra madre di desaparecidos, Lita Boitano, riuscì a parlare brevemente con lui, e, stando alle sue dichiarazioni, da più di un anno in Vaticano si stavano riordinando gli archivi per classificare, scannerizzare, e infine digitalizzare il materiale. Recentemente il Papa ha ricevuto Hebe de Bonafini, fondatrice dell’associazione delle Madres de Plaza de Mayo, le madri dei desaparecidos.
I documenti, in base ad un comunicato ufficiale congiunto della Conferenza episcopale argentina e della Segreteria di Stato vaticano, saranno quindi disponibili “prossimamente” ai familiari delle vittime sulla base di un “protocollo”. “Si tratta in gran parte di lettere dei familiari”, in qualche caso con “le risposte a tali sollecitazioni e le comunicazioni che si facevano al governo”, in particolare al ministero degli interni, “manifestando preoccupazione e richiedendo per le persone”. Il comunicato, inoltre sottolinea che “questo lavoro è stato svolto avendo a cuore il servizio alla verità, alla giustizia e alla pace, continuando il dialogo aperto alla cultura dell’incontro”.
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