NBA: nuovi Golden State, cronaca di un successo annunciato?
Quando in estate uno dei cinque giocatori più forti del mondo, al secolo Kevin Durant, ha deciso di unirsi alla squadra con il miglior record di sempre nella storia dell’NBA, che poteva già contare su un due volte MVP come Steph Curry, su uno dei più grandi tiratori dell’intera lega come Klay Thompson e mister tripla doppia Green, dando vita ai nuovi Golden State Warriors, praticamente tutti gli appassionati hanno pensato la stessa identica cosa: quest’anno non c’è storia.
Ma è davvero cosi?
Nelle prossime righe proveremo ad analizzare 3 motivi per i quali l’anello sicuramente tornerà nella baia di San Francisco per la seconda volta in tre anni, e 3 motivi per i quali invece potrebbe non tornarci, magari regalando a LeBron e soci il sogno di uno storico back to back a Cleveland.
Perché sicuramente vinceranno:
1) L’ATTACCO PIÙ FORTE DI SEMPRE: Se quello dei nuovi Golden State Warriors 2016/17 non sarà l’attacco più forte di sempre nella storia dell’NBA, non ci viene davvero in mente quale altro possa essere. Lo scorso anno GS ha chiuso la stagione con una media di 114,9 punti a partita, prima in NBA davanti proprio a OKC, squadra di cui hanno assorbito il leader offensivo. Se togliamo i punti di Barnes e Bogut (17,1), i due titolari cambiati da GS e li sostituiamo con quelli di Durant e Pachulia (36,8) sulla carta i Warriors hanno un potenziale di quasi 135 punti a partita, assolutamente mostruoso.
2) UNA DIFESA IN GRADO DI CAMBIARE SU CHIUNQUE: La vera forza dei Warriors due volte finalisti NBA non è stata mai unicamente l’attacco, ma un sistema difensivo basato sui cambi difensivi, con quasi tutti i giocatori in grado di marcare efficacemente avversarsi più piccoli o più alti. Con l’aggiunta di KD il cambio sistematico in difesa potrebbe diventare la vera arma in più di questo gruppo. Tolti Curry e Pachulia, che sono rispettivamente 191 e 211 cm, Thompson, Green e Durant sono alti 201, 201 e 206 cm, e sono tutti e tre in grado di marcare tutti i ruoli, dalle guardie alle ali grandi riuscendo a tenere anche uno o due passi di play e qualche movimento dei centri. Tanto basta per rendere i Warriors una superpotenza difensiva oltre che offensiva.
3) IL SISTEMA KERR: Steve Kerr che da allenatore esordiente, in soli due anni, è riuscito a vincere un anello e a regalarsi il miglior record di squadra in stagione regolare della storia NBA, è probabilmente il candidato ideale per far funzionare un roster con tante stelle. In molti altri contesti sarebbe un problema dividere possessi e azioni offensive tra giocatori cosi forti ma, a Golden State, Kerr è riuscito a elaborare un sistema di gioco basato sul collettivo, in grado di premiare le giocate fantascientifiche di Steph Curry, l’abilità al tiro di Thompson e le letture di Green, senza dimenticare l’apporto di tutti gli altri giocatori. Inserire una superstar offensiva come KD in questo sistema sembra tutt’altro che impossibile e potrebbe diventare un rebus irrisolvibile per qualsiasi difesa.
Perché potrebbero perdere:
1) RIMBALZI E LETTURE: Forse l’unico vero punto debole dei nuovi Golden State Warriors resta quello sotto i tabelloni. Durant è sicuramente un fenomeno offensivo ma non certo un cuor di leone a rimbalzo, come dimostrano gli 8,2 rimbalzi a partita in carriera. Pachulia e Green viaggiano a 9,4 e 9,5: numeri buoni, ma non certo da primi della classe. Quello dei rimbalzi potrebbe essere il tallone d’Achille di una squadra praticamente perfetta. Altro grande punto interrogativo deriva dall’innesto di Pachulia. Il centro ex Mavs è sicuramente un ottimo affare in termini di Salary Cup, ma Bogut è uno dei centri con le migliori skill di passaggio e visione di tutta l’NBA. Riuscirà Pachulia a non far rimpiangere il centro australiano, fondamentale nel gioco Kerr per due stagioni?
2) CHIMICA DI SQUADRA: Di Kerr e Durant abbiamo già parlato, ma cosa potrebbe succedere se qualcosa all’interno del gruppo non dovesse funzionare? Se magari, tra qualche mese, quando la tensione sarà alle stelle, i perfetti meccanismi dei nuovi Golden State Warriors dovessero incepparsi invece di diventare il meglio del meglio? Già a OKC Durant ha dimostrato che in alcune occasioni il suo rapporto personale con l’altra stella Russell Westbrook non era idilliaco. Alcune giocate forzate del numero 0 si tramutavano poi in pessime difese di KD e spesso in successivi tiri “sparacchiati” giusto per pareggiare il conto tiri con il compagno/rivale. Se questo dovesse iniziare ad accadere a GS, Durant potrebbe essere visto come un corpo estraneo e rigettato dai vari Curry, Thompson e Green, con il conseguente naufragio del Titanic sportivo del nuovo millennio.
3) LA PRESSIONE: Inutile nascondersi, GS non può perdere e nemmeno Durant. Quando uno dei cinque migliori giocatori della Lega finisce a giocare per la migliore squadra, tutti quanti ti aspettano al varco e il fallimento semplicemente non può essere contemplato. Questo crea aspettativa e l’aspettativa può creare ansia da prestazione. Tutti si aspettano di vedere una specie di Harlem Globetrotters ambulanti e alla prima sconfitta, alla prima partita storta, state pur sicuri che verranno versati fiumi d’inchiostro sull’argomento. Durant si gioca la faccia, e GS anche. Questa pressione può diventare benzina e farti diventare il numero uno, come capitato a LeBron, oppure può bruciarti, e relegarti a eterno perdente. Una situazione non certo ideale per esprimere un grande basket.
Che i nuovi Golden State vincano o perdano, noi non vediamo l’ora che la stagione 2016/17 inizi e per fortuna non si dovrà aspettare molto. Il 26 ottobre è alle porte e potremo vedere subito i Warriors alle prese con i San Antonio Spurs, in quello che potrebbe benissimo essere l’antipasto di una serie dei prossimi playoffs.
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