‘Lettere da Berlino’: l’uomo che sfidò Hitler
Il 13 ottobre esce nelle sale Lettere da Berlino, film inedito anche per il punto di vista con cui sono trattati gli anni bui della seconda guerra mondiale in Germania. Berlino 1940. I coniugi Quangel (Hampel il vero cognome) ricevono una lettera che comunica loro l’“eroica” morte al fronte del figlio per il Führer e il suo popolo. Otto e Anna, non iscritti al partito e succubi come tutti gli altri berlinesi del regime, aprono gli occhi e decidono di ribellarsi attraverso un’azione di controinformazione. I due cominciano a disseminare per la città cartoline recanti appelli contro il partito. Quasi tutte le 285 lettere (scritte in 18 mesi) finiscono nelle mani della polizia. Inizia così una caccia all’uomo che porterà l’ispettore della Gestapo Escherich (Daniel Brühl) ad individuare l’”uomo ombra” e la sua complice.
Lettere da Berlino è in realtà tratto dal romanzo Ognuno muore solo di Hans Fallada (al secolo Rudolf Ditzen); capolavoro letterario e testo obbligatorio nelle scuole tedesche, la cui essenza è talmente illuminante che Primo Levi lo definì «il libro più importante mai scritto sulla resistenza tedesca al Nazismo». L’opera di Fallada è basata su un dossier della Gestapo finito nelle mani dello scrittore all’indomani della liberazione sovietica. Il carteggio si riferiva a certi coniugi Hampel, giustiziati nel 1942 per aver diffuso materiale antinazista.
Il film, nonostante la coinvolgente colonna sonora del premio oscar Alexandre Desplat (Grand Budapest Hotel), smarrisce un po’ la suspense (e forse la consapevolezza di un prevedibile e tragico finale gioca un ruolo fondamentale il questo). D’altronde Lettere da Berlino non vuole essere l’ennesimo drama-thriller sulle SS, ma un inusuale storia di resistenza e coraggio. Il produttore Trijbits riconosce l’unicità della pellicola nel «fatto di mostrare la quotidianità della Germania» e il regista Pérez aggiunge: «abbiamo voluto raccontare una storia universale», una vicenda di amore e umanità. Infatti fin da subito è centrale l’evoluzione del rapporto tra Otto (Brendan Gleeson) e Anna (Emma Thompson): una semplice coppia operaia che riscopre un amore indissolubile nel pericolo.
Un film da vedere poiché, come il libro – ma inevitabilmente in maniera meno penetrante dell’intimità di una pagina –, vuole farci comprendere come sia facile diventare connivente quando dinamiche di repressione verticale si rispecchiano anche orizzontalmente. Insomma, Lettere da Berlino ci fa riflettere su quello che Hannah Arendt definì “la banalità del male”, sulla facilità con cui Escherich, per paura, diviene parte del sistema e sul tentativo fallito dei coniugi Quangel che, come un granello di sabbia, non può fermare da solo la macchina collettiva.
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