In alto i forconi e via il casco

poliziotti-si-tolgono-il-casco-in-piazza-castello-a-torino-9-dicembreI poliziotti si tolgono il casco davanti ai manifestanti a Torino, un simbolo di solidarietà verso la protesta del Movimento dei forconi e di quanto le persone si trovino unite nell’indigenza. Un Movimento che ricorda quello dei ‘Vespri siciliani’ fatto di gente semplice, esausta, che vive sulla propria pelle le contraddizioni di una terra, quella siciliana, abbandonata e desolata ma ricca di potenziale.

Allevatori, agricoltori, pastori, artigiani e lavoratori autonomi che non sono più in grado di bastare a sé stessi a causa dello sfruttamento dell’isola e della criminalità organizzata che ha reso l’economia stagnante, impedendo l’accesso alle risorse, in particolare, per quanto riguarda il settore petrolchimico ed energetico, cannibalizzato da aziende con interessi fortissimi che non reinvestono sul territorio e, in nome del profitto, tolgono ogni margine di iniziativa ai piccoli produttori.
Un Movimento che nella scorsa settimana ha protestato in tutta Italia ottenendo il consenso di forze politiche e sociali eterogenee. E anche le forze dell’ordine, con un gesto raro per la storia delle manifestazioni, hanno voluto dimostrare il loro sostegno e la condivisione dei medesimi motivi di sconforto, preferendo accompagnare il corteo, camminare fianco a fianco ai cittadini che proteggono, all’uso ordinario della carica e della forza che tutto mette a tacere, dietro ad una coltre di violenza insensata. Il grido dei manifestanti come segno di vicinanza « siete come noi, bravi ragazzi!» ha mosso l’animo al medesimo gesto da parte dei Carabinieri e della Guardia di finanza.

Una fonte anonima di 30 anni, da 10 al reparto mobile, spiega così, quello che è accaduto a Piazza Castello: «C’erano violenti e facinorosi che cercavano sfogo e visibilità, e in quel contesto, con fermezza, abbiamo respinto le frange violente, contando due feriti tra i miei colleghi: uno colpito da un sasso, uno stordito da una bomba carta. Poi, a un certo punto, davanti a noi c’erano solo manifestanti pacifici. Ed è successo – ci siamo tolti i caschi – (n.d.r.) e sia chiaro, io non ho seguito alcun ordine, ci siamo solo parlati tra di noi. È stato un gesto proiettato a dare solidarietà e vicinanza a chi, padri di famiglia, imprenditori, commercianti, sta subendo ciò che anche noi, cittadini e poliziotti, subiamo. Una delle ragioni è che il fisco soffoca respiro, speranze e sogni di ogni cittadino, noi compresi. Siamo poliziotti, riconosciamo chi abbiamo di fronte: quella gente esprimeva disagio, e noi ci siamo sentiti parte di quel popolo e di quel disagio, stanchi come loro di essere un bersaglio, di essere vittime di logiche di parole. […] Abbiamo continuato il nostro lavoro. Ma con un gesto che dicesse “vi siamo vicini”. Anche noi siamo malpagati e sfruttati, abbiamo lo stipendio bloccato dal 2009, siamo in piazza per quattro soldi che vedremo, tra l’altro, dopo anni. La verità è che la solidarietà è venuta spontanea e facile. Un tempo c’era incertezza del futuro, ora c’è incertezza del presente. Mio padre ha perso il lavoro con questa crisi, come potevo non sentirmi parte di quel malcontento?».

È profondo il significato di questo atto spontaneo che ha aperto un caso in Italia, tra i ricordi di tanti altri gesti di consueta routine per le forze dell’ordine per reprimere i dissenzienti, ma per Alfano, è stato soltanto un ordine, come tanti altri eseguiti dalle forze di polizia, banale e consueto. Polizia, carabinieri e finanza che tolgono il casco ad onorare la causa, aprendo un dialogo con chi manifestava. Dicono di non aver ricevuto nessun ordine per minimizzare o desistere, ancora più forte quindi è il sentimento che accomuna i piani alti con quelli bassi.

Una forma di disobbedienza civile, anche loro padri di famiglia, anche loro sottopagati, anche loro usati da logiche politiche che volano alto, troppo per comprendere i bisogni di chi la strada la vive. Ma in realtà nessuno ha disobbedito, questa è stata un’espressione civile di un sentito malcontento:
« Non ne possiamo più di essere maltrattati, malpagati, usati nelle piazze come molla di rimbalzo per le legittime aspettative di chi manifesta pacificamente quando i primi a non essere tutelati, a non ottenere risposte, siamo noi. Lunedì, per esempio, contavamo quanti ‘pezzi’ d’uniforme fossero comprati di tasca nostra: anfibi, maglia in pile, scaldacollo. Ma la disobbedienza non ci appartiene. È stato un gesto di solidarietà, che amalgama poliziotti e cittadini».

Forze dell’ordine disagiate, abbandonate proprio come la terra siciliana da cui si levano i forconi avanzando per tutto il Paese. Una riunione del Ministero dell’Interno ieri ha provveduto a sbloccare velocemente il pagamento degli straordinari arretrati per le forze di Polizia e forse anche le indennità di missione e funzione, fin’ora scartoffie lasciate a prender polvere, accantonate.

Eva Del Bufalo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *