Referendum: perchè Renzi non ha asfaltato Zagrebelsky
Eco di cori di sconfitta per Gustavo Zagrebelsky dopo il match con Matteo Renzi andato in onda su La7 sotto la supervisione di Enrico Mentana, in un apposito spazio creato per l’occasione dal titolo “Sì o no” nel quale entrambi hanno esposto i pro e i contro della riforma costituzionale.
Dall’incontro Zagrebelsky sembra uscire perdente. Così dipinto da Eugenio Scalfari, dal Fatto Quotidiano, dal Corriere della Sera e dai principali organi di stampa: “deludente”, “sconfitto”, addirittura disastroso secondo Aldo Giannullli. Ma è andata davvero così? Davvero Zagrebelsky ha tradito le ragioni del No, lasciandosi sopraffare dal ciclone Matteo Renzi? Non si direbbe proprio, ecco i cinque motivi per cui Zagrebelsky può ritenersi molto più che soddisfatto:
- PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Zagrebelky ha dimostrato come la combinazione tra legge elettorale e nuova riforma costituzionale possa comportare il rischio che la maggioranza elegga da sé il Presidente della Repubblica. Lo ha fatto con argomentazioni giuridiche, sottolineando come il quorum dei 3/5 sia richiesto sui “presenti” e non sui “componenti” dell’Assemblea.
- SENATO DELLE AUTONOMIE: Anche nell’analisi dell’art.57 della riforma, il professore riesce comunque a contraddire Matteo Renzi. Il punto: riusciranno i senatori-consiglieri a conciliare i propri impegni? Il Senato funzionerà? Il Presidente del Consiglio risponde che i modelli francesi e tedeschi ne sono la riprova, ma Zagrebelsky fa notare come in quei sistemi non vi sia l’obbligo di presenza, con la possibilità di avvalersi di sostituti.
- LA SEMPLIFICAZIONE: In tarda serata i duellanti hanno affrontato il tema della semplificazione, il professor Zagrebelsky ha fatto notare come spesso la riforma non sia chiara nella ripartizione delle materie di competenza dello Stato e delle Regioni, portando ad esempio “una legge sugli orari del Lago Maggiore” e chiedendosi se in quel caso, non essendo “trasporto marittimo” come indicato nella riforma a competenza statale, ci si dovesse affidare ad una legge statale o regionale. Tutto ciò a riprova della confusione presente nella riforma. Matteo Renzi ha replicato raccontando episodi della sua carriera politica, per nulla attinenti all’obiezione del professor Zagrebelsky.
- RAPPORTO STATO-REGIONI: Altro aspetto discusso è stata la c.d clausola di supremazia in rapporto al principio di sussidiarietà già presente nel nostro ordinamento. Zagrebelsky fa notare come anche oggi sia possibile per lo Stato assorbire competenze regionali di interesse nazionale, ma per farlo ha necessità di trovare un’intesa con i territori. Con la clausola di supremazia si supererà il meccanismo delle intese, lasciando tale prerogativa al Senato dove però una singola Regione potrebbe ritrovarsi isolata rispetto alle altre. Il Presidente del Consiglio ha escluso questa eventualità, ribattendo sulla necessità di accelerare il sistema. Il nuovo avanza ma il problema resta e non è di poco conto.
- APLOMB: Ci sono stati due casi in cui Matteo Renzi, uscendo dal seminato, ha cercato di incalzare il professore mettendolo in difficoltà. Il primo colpo basso è stato quello di ripescare dal mucchio una sua intervista del 2013 in cui si diceva a favore del ballottaggio, il secondo rimarcando un lapsus del professore rispetto alla nomina settennale dei nuovi senatori emeriti, accusandolo così di dire falsità. In entrambi i casi, il professore ha marcato una profonda differenza con l’interlocutore: l’educazione.
Ma cosa ha sbagliato Zagrebelsky? Semplicemente l’appartenere ad un mondo diverso, quello dello studio e dell’approfondimento scevro dal botta e risposta politico. Nessuno ha mai messo in discussione l’animo da “animale da palcoscenico” di Matteo Renzi, le sue qualità comunicative, la sua retorica del sogno. Il contenitore televisivo avrà certo aiutato il Presidente del Consiglio nell’inscenare il suo solito one man show, ma a conti fatti l’interrogativo resta lo stesso: da chi abbiamo imparato qualcosa?