Cannabis medica: la stagione delle verità
L’autunno del 2016 era stato indicato diverse volte, in passato, come un momento cruciale per quel tema tanto sentito e dibattuto quale l’utilizzo di cannabis per finalità mediche. Un argomento trattato e cavalcato negli ultimi mesi anche a livello politico, e che ha vissuto aperture fino a qualche tempo fa del tutto insperate; precisamente da quando è stato deciso di dare il via alla produzione e alla coltivazione di marijuana per utilizzo terapeutico. Accadeva esattamente due anni fa, nel settembre del 2014; e a distanza di 24 mesi è finalmente pronto il primo carico di sostanza coltivata presso l’istituto chimico militare di Firenze. A partire da questo autunno, quindi, inizieranno ad essere diffusi i primi farmaci a base di cannabis autoprodotta in Italia.
Una rivoluzione che ha avuto bisogno di tempo per essere messa in atto, e che va finalmente incontro, per quanto concerne l’impiego di marijuana in ambito medico, alle esigenze dei tanti pazienti e malati interessati.
Alcune contraddizioni e discrasie, comunque, rimangono; va ricordato infatti che in Italia, allo stato attuale, se da una parte è consentito l’acquisto online di semi di cannabis da parte di privati, dall’altra è tuttora severamente vietato dalla legge la coltivazione personale, sia per scopi medici che, a maggior ragione, ricreativi.Contraddizioni che verranno, forse, superate in futuro; per ora, in ogni caso, va senz’altro accolto con soddisfazione questo primo passo verso il cambiamento, che potrebbe costituire la premessa per un’ulteriore iniziativa che dovrebbe portare, di qui a poco, ad una nuova norma per consentire la coltivazione autonoma della sostanza, purchè finalizzata solo e soltanto a scopi medici. Ma il cambiamento necessita della partecipazione di tutti; soprattutto a livello territoriale. L’Italia è ancora spaccata in due, tra regioni che hanno legiferato sull’utilizzo medico della marijuana (ricordiamo che la sanità è di competenza regionale) e altre che sono ancora in grave ritardo.
Il meccanismo avrà quindi ora bisogno di tempo per ingranare e fare in modo che tutte le realtà locali possano raggiungere livelli di efficienza come quelli presenti solo in determinate regioni; basti pensare ai dati diffusi di recente sul laboratorio galenico di Massa Carrara, che ha toccato picchi di produzione da record. Si parla qui di una regione, la Toscana, che è sempre stata all’avanguardia in termini di cannabis medica.
Ecco allora che il discorso torna inevitabilmente alla divisione dell’Italia in termini di legislazione sulla marijuana terapeutica; e al differente approccio. Alcune regioni, come la Sicilia ed altre, hanno da poco approvato normative a riguardo. Altre ancora lo devono fare. Il tutto mentre il tema è diventato di forte attualità e importanza a livello nazionale, e mentre si sta assistendo a provvedimenti epocali.
In sostanza il rischio è quello di vedere alcune realtà italiane superate dalla storia stessa; di trovarsi in grosso ritardo rispetto al resto dal Paese. E sarebbe un peccato, perché in fondo quello della cannabis medica è un tema che poteva servire, oltre che (soprattutto) a portare giovamento ai pazienti, anche a unire il Paese sotto un intento comune. Una volta tanto.