La vita violenta di Michelangelo Merisi detto il “Caravaggio”
C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce, canta Leonard Cohen. E chi meglio di Caravaggio è in grado di rappresentare a livello figurativo questa immagine poetica? Nessuno.
Michelangelo Merisi, noto come il Caravaggio, nasce a Milano il 29 settembre nel lontano 1571. Pittore dannato, destinato ad entrare nell’immaginario collettivo come artista maledetto, Caravaggio, come spiega Vittorio Sgarbi non solo è contemporaneo, ma lo è doppiamente “perché c’è, perché viviamo contemporaneamente alle sue opere che continuano a vivere; ed è contemporaneo perché la sensibilità del nostro tempo gli ha restituito tutti i significati e l’importanza della sua opera. Non sono stati il Settecento o l’Ottocento a capire Caravaggio, ma il nostro Novecento. Caravaggio viene riscoperto in un’epoca fortemente improntata ai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe. Ogni secolo sceglie i propri artisti. E questo garantisce un’attualizzazione, un’interpretazione di artisti che non sono più del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento ma appartengono al tempo che li capisce, che li interpreta, che li sente contemporanei. Tra questi, nessuno è più vicino a noi, alle nostre paure, ai nostri stupori, alle nostre emozioni, di quanto non sia Caravaggio”. A destare attenzione da tempo immemore sono i modelli scelti dal Caravaggio: non solo soggetti delicati, dai tratti efebici ma prostitute che vestono i panni di umili o nobili donne e vecchi malformati raffiguranti santi: tutto ciò nelle opere per committenze pubbliche. Quando Caravaggio raggiunge Roma nel 1592, Campo Marzio è un quartiere fatto di osterie, strade sporche e ladri ed è qui, che in una piccola stanza resterà fino all’accusa di omicidio avvenuta nel 1606, ed è sempre qui che un giorno vede la diciassettenne Filide Melandroni adescare uomini sotto la supervisione del suo protettore Ranuccio Tommasoni. Caravaggio perde la testa e Filide comparirà in suoi quattro dipinti. Ma il Merisi è un uomo dagli amori turbolenti e vari: negli stessi anni ha una relazione con un’altra prostituta, Lena Antonietti, ed è lei a dare il volto alla “Madonna dei Pellegrini” (1604-1606) e alla “Madonna dei Palafrenieri” (1606). Chiaramente, un vero scandalo. Poi è la volta di Anna Bianchini, la puttana dagli occhi tristi e della prostituta d’alto rango Domenica Calvi. Ma è al nome del protettore di Filide, Ranuccio Tommasoni che si lega il tragico destino del Caravaggio. Che si trattasse di rivalità o di gelosia, ma molto più probabilmente di una questione di debiti, il 28 maggio 1606, due bande si sfidarono: Caravaggio insieme ad Onorio Longhi e Petronio Troppa contro la squadra di Ranuccio Tommaso, i cognati Ignazio e Federico Iugoli e il fratello Gian Francesco. Nel duello, Caravaggio sguaina la sua spada e con un colpo recide un’arteria del Tommasoni che muore dissanguato. Condannato a morte, la fuga resta l’unica soluzione possibile: verso le campagne di Roma Nord fino a Napoli, poi Malta, la Sicilia e di nuovo a Napoli. Nel 1610 sembra che fosse stato graziato per intercessione della famiglia Colonna, ma è da questo punto che ha inizio il mistero. Si rimette in viaggio verso Ponte d’Ercole portando con sé il “San Giovannino Battista”, il “San Giovanni disteso” e la “Maddalena in estasi”, con l’intenzione di donarli come ringraziamento al cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V. Poco prima di arrivare alla terra promessa viene però scambiato per un ladro e dunque fermato. Quando riprende il viaggio ed arriva a Porto d’Ercole, è ormai stremato. Il maestro della luce, muore di malattia il 18 luglio 1610 all’età di trentanove anni.
Vai alla home page di LineaDiretta24
Leggi altri articoli dello stesso autore
Twitter: @_mchiara