Migranti morti, lo sdegno dell’abitudine
Non racconteremo la storia del pomeriggio del 21 settembre 2016, in cui 29 persone sono morte al largo dell’Egitto, all’inizio del loro viaggio disperato verso il canale di Sicilia (ANSA). Altri 29 migranti morti, un barcone che conteneva non si sa – eh già, non si sa mai – se tre o seicento persone. Quindi magari i morti potrebbero essere 329, 529, oppure solo 79, 94, 82, alla fine che importa? Migrante più migrante meno. No?
Non racconteremo l’ennesima storia di migranti morti mentre cercavano una fuga dalla disperazione, né parleremo di Mare Nostrum, di Triton, di tritoni, Scilla, Cariddi, Mogherini, Alfano, Europa, muri, non muri o muri d’acqua. Proponiamo invece un’addizione: 30 + 300 + 5 + 41 + 39 + 46 + 700 + 300 + 20 + 50 + 34 + 4 + 9 + 45 + 36 + 25 + 36 + 117 + 214 + … insomma bisogna arrivare a 3000, + 29. Forse così fa più impressione, coi numeri, a parlare di morti.
Certo, non siamo mica ad Auschwitz. Ma i progressi sono buoni se consideriamo che alla fine dell’estate 2016 (8 mesi più o meno) l’ Organizzazione internazionale per le migrazioni dichiarava che dall’inizio del 2016 erano morti nel Mediterraneo 2.977 migranti. Oggi siamo a settembre, quindi arrotondiamo di 33 per 3000 e aggiungiamo questi 29. Probabilmente abbiamo dimenticato qualche cifra. Se però risaliamo al 2013/2014, anno in cui le migrazioni sono aumentate in maniera esponenziale, raggiungiamo la cifra perlomeno ragguardevole, in termini di stragi, di oltre 10.000 persone, pardon, migranti morti.
La cosa notevole è che qui hanno, abbiamo tutti le mani pulite. Non ci sono sparatorie, coltelli, mani sporche di sangue e nemmeno orrendi muri. I muri li costruiscono quegli incivili degli Est-europei, noi non ne abbiamo bisogno e andiamo a dormire con la coscienza tranquilla. Noi siamo quelli che salvano, c’entriamo poco e niente con quelli che bombardano e in definitiva, decina più, decina meno, oggi son sgomento ma domani mi è passata.
Non è Auschwitz, dicevamo. Non è un genocidio, è…così, un’ecatombe spontanea. Come la marea, oggi giungono onde sulle rive, domani arrivano migranti morti come arriverebbero le alghe. Passerà, aspettiamo la prossima marea per pulire la battigia.
Tanto, non sono storie queste, sono morti senza storia e senza memoria, 3000 silenzi, 10.000, centinaio più, centinaio meno, che ce ne frega? Tanto, dopotutto, sono negri. Non lasciano traccia, le tracce affondano, e quelle che non affondano ci pensano i volontari, i Lampedusani, la Guardia Costiera, qualche sventurato nell’Egeo o nel Nord Africa a portarle via. Noi questi 10.000 non li abbiamo visti mai, voi li avete visti? Forse i migranti morti non esistono, tranne quando arriva una bella fotina da condividere con sdegno. Uno solo, magari uno al mese. Per gli altri 10.000 solo il silenzio e le bolle dei pesci.
Ma se ce li avessimo sulla porta di casa questi migranti morti? Farebbero più impressione? 60.000.000, diviso diciamo 2 famiglie per difetto, 30.000.000 di famiglie diviso 10.000, un migrante morto ogni 12.000 soglie di casa, fa uno per comune e ne restano 4000, potremmo dividerli a metà o fargli fare il giro delle piazze. Allora si, mani pulite sempre, ma almeno un po’ di vergogna in più, forse, sorgerebbe.
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