Siria: attacco Usa a Deir Ezzor
E’ certamente configurabile come una “prima volta” il tragico attacco Usa a Deir Ezzor di sabato scorso: quattro aerei caccia appartenenti alla coalizione internazionale sotto guida Statunitense hanno colpito l’esercito Regolare Siriano (SAA) causando la morte di circa 80 militari nell’est della Siria. Per la prima volta dall’inizio del conflitto Siriano una forza straniera occidentale ha messo nel mirino l’esercito governativo, ma come spesso capita in occasione di episodi bellici di questo genere (e soprattutto di questa entità) la matrice dell’atto è fortemente discussa tra le parti.
L’episodio: l’Attacco Usa a Deir Ezzor
Da circa due anni i soldati dell’esercito regolare Siriano stanno opponendo resistenza all’Isis nel governatorato di Deir Ezzor: isolati in una piccola porzione di territorio cirostante l’aeroporto e costantemente sottoposti all’attacco nemico, la distanza che separa questi dai colleghi di Palmyra o altre aree del conflitto è davvero notevole. Sabato scorso, mentre le forze dell’SAA si preparavano a sferrare un attacco contro lo Stato Islamico, è accaduto l’imponderabile. 4 aerei caccia appartenenti alla coalizione internazionale hanno effettuato bombardamenti sulle forze di Assad causando decine di morti e circa un centinaio di feriti. In particolare a muovere l’attacco sono stati due F-16, due A-10 e un drone, al momento si discute ancora se questi appartenessero o no anche a Danimarca e Australia.
Sfruttando il momento propizio l’Isis ha tempestivamente fatto partire un’offensiva, riconquistando posizioni strategiche quali il monte Tardah, posto a sud della città Siriana.
Lo scontro diplomatico
Quando nel 2014 venne accettato l’intervento della Coalizione Internazionale su suolo Siriano, le condizioni di Assad furono chiare: niente interventi d’intralcio nella guerra condotta dall’SAA all’Isis. Da qui muovono tutte le reazioni scaturite a poche ore di distanza dall’attacco.
Gli Stati Uniti hanno parlato di un errore di valutazione che avrebbe portato a colpire i governativi in un’area oggetto di un attento studio da qualche giorno. In particolare attraverso un documento rilasciato poche ore dopo i fatti, il Comando Centrale degli Usa puntualizza che: «[…] la Siria è una realtà complessa con varie forze militari a distanza ravvicinata, ma la Coalizione non colpirebbe mai intenzionalmente un’unità militare Siriana conosciuta. La coalizione esaminerà quest’attacco e le circostanze che l’hanno determinato per capire se c’è qualcosa da imparare per il futuro». L’amministrazione Obama si è detta inoltre profondamente dispiaciuta per la perdita di vite umane.
Tempestive anche la reazione Russa. Dopo una prima lettura dei fatti presentata come una “carenza comunicativa”, i toni si sarebbero poi accesi in maniera esponenziale nel corso della riunione del Consiglio di sicurezza Onu: durante la conferenza stampa a margine dell’incontro, i rappresentanti di Russia e Stati Uniti presso le Nazioni Unite se le sono date di santa ragione.
Vitaly Churkin è infatti arrivato a dichiarare apertamente, a pochi giorni dalla tregua che doveva avere come termine ultimo il 19 ottobre, che l’attacco Americano è stata un’operazione diretta a mandare in fumo gli accordi in fase di perfezionamento tra le due potenze mondiali. Su domanda precisa di un giornalista riguardo cosa faccia pensare al governo Russo che l’attacco aereo di sabato non sia stato frutto di un errore, Churkin ha risposto che «è davvero strano ritenere che si sia trattato di un errore, la tempistica ed altre situazioni potrebbero benissimo indicare che si tratti di una provocazione». Poi l’ultima, terribile, stoccata: secondo Churkin gli Stati Uniti d’America sarebbero i protettori dell’Isis.
Poco prima aveva riferito in sala stampa la controparte Americana, Samantha Power, con dure accuse nei confronti della Russia e del regime di Assad. In particolare il rappresentante Statunitense rimprovera a Mosca di non aver mai convocato una riunione del Consiglio di sicurezza in altre situazioni sfavorevoli al regime Siriano. La Power avrebbe poi invitato la Federazione Russa a vergognarsi per il suo atteggiamento nei confronti del popolo Siriano, invitando rappresentanti del governo Russo a recarsi in zone del conflitto che non siano sotto influenza governativa.
Ultima e ancor più forte è stata la reazione a queste parole del Portavoce ufficiale del Ministero degli esteri Russo, Maria Zakharova, la quale ha ufficialmente invitato la Power a fare un viaggio in Siria sotto la protezione del governo Russo per capire cosa davvero significa il termine “vergogna”.
Gli sviluppi
30 morti secondo l’osservatorio dei diritti umani in Siria (da sempre fonte che parteggia per l’occidente), 62 secondo il governo di Damasco. C’è addirittura chi parla di 100 e più vittime. La verità? Probabilmente sta nel mezzo, ma nessuno può dirlo con certezza. Fatto sta che tanto è bastato (e non è poco) per accendere la miccia tra le parti in queste ultime ore. La tregua accordata una settimana fa tra le parti non ha mai dato l’impressione di funzionare, questo episodio è soltanto una conferma dei sospetti.
Questo episodio va inserito in un contesto di intensificazione delle operazioni di bombardamento su Aleppo. Sembra infatti che i governativi stiano riprendendo con vigore gli attacchi onde bloccare un’imminente azione militare da parte dei ribelli.
Neanche 24 ore dopo l’indecente episodio di Deir Ezzor il Segretario di stato americano John Kerry ha invitato la Russia ad impegnarsi nel far rispettare la tregua a Damasco. Parole di un’irriverenza unica dopo l’errore commesso nell’est del Paese.
torna alla homepage di lineadiretta24
leggi altri articoli dello stesso autore
@federicolordi93