Corea del Nord, continua la sfida alla comunità internazionale
«Poco meno forte dell’esplosione della bomba atomica su Hiroshima». È il verdetto della Corea del Sud circa l’ultimo esperimento nucleare del regime di Pyongyang, il quinto in dieci anni e «il più potente condotto fino ad ora». A quelle di Seul si sono aggiunte, immediate, le preoccupazioni della comunità internazionale per una situazione che sfugge ormai da tempo a qualsiasi controllo. Il governo di Kim Jong-un continua così a mostrare i muscoli incurante delle sanzioni ricevute dalle Nazioni Unite, e sceglie di farlo in una data non lasciata al caso: il 9 settembre, giorno del 68esimo anniversario della nascita della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Lo scenario che ora si apre è quello di un equilibrio delicato, che in futuro potrebbe assumere i contorni di un pericoloso conflitto. Da un lato, Kim Jong-un non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro; dall’altra Obama tenta di formare un’ampia coalizione per raggiungere una soluzione. Operazione difficile, considerato che il quinto esperimento nucleare ha raffreddato i rapporti tra USA e Cina; quest’ultima preoccupata per la batteria missilistica difensiva che Washington vuole installare in Sud Corea. L’ultima follia della Corea del Nord, che ha provocato un sisma di magnitudo 5,3 nel nordest del paese, è stata salutata dal regime socialista con un annuncio trionfale in tv, completo di immagini festanti della popolazione intenta ad applaudire di fronte alle riprese del nuovo test.
Gli effetti delle sanzioni
Le sanzioni contro Pyongyang, inaspritesi dopo i recenti test nucleari e sostenute di fatto anche dalla Cina – che fino al 2015 era un paese amico, l’unico, della Corea del Nord – non hanno mancato di far sentire i loro effetti sulle condizioni di vita, già durissime, della popolazione. E nonostante le maglie della propaganda siano stringenti, aumentano sempre di più i nordcoreani che desiderano, e tentano effettivamente, la fuga dal paese. I dati (forniti dalla Corea del Sud, stato da sempre nemico di Pyongyang) vanno presi con le pinze come qualsiasi altra informazione sul piccolo paese asiatico. Si parla, secondo Seul, di un aumento del 15% di persone in fuga verso la Corea del Sud nel 2016 rispetto l’anno precedente. Un dato interessante se si pensa che provare a scappare significa rischiare pene pesantissime quali l’impiccagione o i lavori forzati. In Corea del Nord le condizioni di vita in quelli che sono veri e propri campi di concentramento sono durissime e sufficienti a costituire un ottimo deterrente. Ma non abbastanza; secondo Choi Song Min, coreano di 56 anni scappato dal paese nel 2011, «Tutti in Corea del Nord sanno che quando vieni arrestato e finisci in un Campo di prigionia politica non ne uscirai mai più vivo. Sarai costretto a lavorare fino alla morte. I detenuti scavano le miniere o coltivano i campi sia sotto il sole cocente che durante il freddo invernale con una minima razione di cibo».
Corea del Nord: un paese isolato
Non è un mistero che il regime totalitario socialista guidato dal giovane Kim Jong-un non ammetta libertà di pensiero o di azione. Qui il mito della caverna di Platone si concretizza nella vita di tutti i giorni: i nordcoreani sopportano le durissime condizioni di vita imposte dal governo solamente perché all’oscuro degli stili di vita esistenti fuori dal paese. La miseria della popolazione, insomma, viene accettata soltanto perché il mondo al di fuori dei confini è creduto un posto ben peggiore. Internet così come lo conosciamo non esiste: la Corea del Nord è dotata di una propria rete, Kwangmyong, isolata da quella mondiale. Ma le privazioni non investono solamente le libertà personali; i cittadini nordcoreani devono costantemente fare i conti con una drammatica carenza di beni di prima necessità. Un’ex-maestra costretta a fuggire in Cina a nuoto ha raccontato di un paese con istituzioni al collasso: «è difficile insegnare ai bambini qualsiasi cosa quando muoiono di fame. Anche restare seduti al banco diventa impossibile».
Le reazioni internazionali della Corea del Nord
Durante lo scorso anno la Corea del Nord aveva rivelato di possedere ordigni all’idrogeno, ben più distruttivi dell’atomica. Sempre a detta del regime, la prima bomba H sarebbe stata fatta esplodere lo scorso gennaio, sebbene in quel caso si trattò solamente di un bluff. Ma l’ultimo test nucleare del 9 settembre e lo spettro di una catastrofe globale hanno riacceso la tensione internazionale, già di per sé alle stelle: Obama ha minacciato «gravi conseguenze» convocando immediatamente una consultazione con i vertici alleati giapponesi e sudcoreani. Nonostante il peso delle sanzioni sulla popolazione, appare ormai chiaro che queste non saranno sufficienti a invertire il delirio d’onnipotenza di Kim Jong-un, un giovane e inesperto leader salito al potere a soli 28 anni, che si ritrova tra le mani la gravosa e impegnativa gestione del paese ereditato dal padre. Gli Stati Uniti si dicono pronti a negoziati di pace con Pyongyang, a patto che il regime si mostri disposto alla denuclearizzazione. Una condizione che difficilmente Kin Jong-un potrà accettare. Le elezioni americane previste per il prossimo 8 novembre potrebbero complicare ulteriormente le trattative, già difficilissime, tra i due paesi, specialmente se a venire eletta non sarà Hillary Clinton, più in linea del suo avversario con la politica estera di Obama. L’imperscrutabilità di tutti questi fattori, così come il ruolo della Russia, lasciano aperti molteplici scenari che potranno farsi più chiari solamente nei prossimi mesi.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_