Giornalisti in Turchia, la repressione dilaga
A quasi due mesi dal fallito golpe del 15 luglio, la stretta sui giornalisti in Turchia e la deriva autoritaria del Paese assumono sempre più le fattezze di una dittatura. Eppure, come altre volte in passato, la sua posizione nella NATO non viene messa in discussione, né alcuno tra i paesi dell’Europa o d’oltreoceano prova a dire qualcosa, anzi.
L’ultima settimana in particolare ha evidenziato come il governo turco stretto dalla mano di ferro di Erdogan non intenda fare alcun dietrofront. E’ del primo di settembre l’agenzia ANSA secondo la quale il numero dei giornalisti prigionieri nelle carceri del paese turco avrebbe toccato quota 108. La stretta sui giornalisti in Turchia era stata evidenziata fin da subito dopo il fallito golpe, occasione ghiotta per garantirsi, attraverso lo stato di emergenza, una repressione senza precedenti contro la libertà di espressione. Non solo chiusura e controllo di giornali, radio e televisioni, ma coazione di avvocati, politici, giornalisti, professori e individualità presumibilmente prive di legami con il golpe in Turchia, colpevoli soltanto di essere scomodi.
Scomodi dunque ben 108 giornalisti in Turchia, 66 dei quali sono finiti in manette con accuse di legami con la rete di Fethullah Gulen – accusato dal governo di aver ordito il golpe. La maggior parte degli altri giornalisti sono invece detenuti con l’accusa di “propaganda terroristica” a favore del Pkk, e sono per lo più reporter dei quotidiani filo-curdi Ozgur Gundem e Azadiya Welat e dell’agenzia Dicle. A rivelarlo, come riportato dall’ANSA, l’osservatorio locale per la libertà di stampa P24.
I curdi sono inoltre al centro – letteralmente – del mirino nell’ambito dell’offensiva turca in Siria. Sarebbe scioccante già di per sé l’ingresso – palese – delle forze di guerra turche (la Turchia resta pur sempre un Paese NATO) all’interno del territorio siriano senza una concertazione con le altre forze della coalizione anti-IS (pure loro, d’altronde, non è che siano stinchi di santi); se non fosse addirittura peggio, e cioè che il bersaglio immediato delle forze turche piuttosto che i militanti dell’IS, siano proprio i militanti Kurdi delle YPG (protagonisti della resistenza allo Stato Islamico).
Nonostante la scelleratezza di un intervento simile in una zona già di per sé terribilmente instabile, a trascinare la situazione dal tragico al talmente tragico che sembra comico, negli ultimi due giorni è stato il gioco di dichiarazioni e smentite tra governo turco e Stati Uniti. Questi ultimi, vedendo la loro strategia in Siria messa seriamente in pericolo dalle azioni unilaterali turche, hanno più volte insistito e in ultimo dichiarato un cessate il fuoco tra forze militari turche e Ypg kurde – fondamentali agli occhi di tutti nella strategia anti-IS; salvo poi, a distanza di poche ore, essere smentiti platealmente dal governo turco il quale ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di sospendere le operazioni contro i kurdi.
Viene da chiedersi come mai la Turchia continui a essere uno stato membro della NATO. O in alternativa potremmo domandarci perché l’Italia, se questa è la NATO, continui a starci dentro.
Aspettando i barbari
Cosa aspettiamo qui riuniti al Foro?
Oggi devono arrivare i barbari.
Perché tanta inerzia al Senato?
E i senatori perché non legiferano?
Oggi arrivano i barbari
Che leggi possono fare i senatori?
Venendo i barbari le faranno loro
Perché l’imperatore si è alzato di buon’ora
e sta alla porta grande della città, solenne
in trono, con la corona sulla fronte?
Oggi arrivano i barbari e il sovrano
è in attesa della visita del loro
capo; anzi, ha già pronta la pergamena
da offrire in dono
dove gli conferisce nomi e titoli.
Perché i nostri due consoli e i pretori
stamane sono usciti in toga rossa ricamata?
perché portano bracciali con tante ametiste
e anelli con smeraldi che mandano barbagli?
perché hanno in mano le rare bacchette
tutte d’oro e d’argento rifinito?
Oggi arrivano i barbari
e queste cose ai barbari fan colpo.
Perché non vengono anche i degni
oratori a perorare come sempre?
Oggi arrivano i barbari
e i barbari disdegnano eloquenza e arringhe.
Tutto a un tratto perché questa inquietudine
e questa agitazione? (oh, come i visi si son fatti gravi)
perché si svuotano le vie e le piazze
e tutti fanno ritorno a casa preoccupati?
Perché è già notte e i barbari non vengono.
È arrivato qualcuno dai confini
a dire che di barbari non ce ne sono più.
Come faremo adesso senza i barbari?
Dopotutto, quella gente era una soluzione.
Konstantinos Kavafis (1904) da Cinquantacinque poesie a c. di M. Dalmati e N. Risi, Einaudi, Torino, 1968