Con Gli Oblivion si ride anche delle tragedie: a teatro un insolito Othello

4 dicembre, Sala Umberto di Roma. In cartellone fino al 15 del mese c’é Othello… la h è muta degli Oblivion. La platea è in attesa dell’inizio dello spettacolo quando, ancora con le luci abbassate, gli attori compaiono sotto al palco, travestiti da alfieri dell’esercito di Venezia. Parlando in un veneto molto comprensibile iniziano da subito a sfoderare le loro armi migliori: le canzoni e le battute. E non si risparmiamo di citare nessuno, da balOtello, a Nutello … ed è subito svelato che l’eroe della serata è un moro.

Cipro, 1600 circa seguendo la trama di Shakespeare, 1880 per gli amanti dell’opera verdiana. Per entrambe le versioni Otello é un moro al comando della flotta veneziana, incaricata di sconfiggere i turchi. Il comandante partirà da Venezia con il luogotenente Cassio, la neo sposa Desdemona, scortata dal falso amico Iago e sua moglie Emilia. È per un arcano volere della numerologia che gli Oblivion danno vita a questo Othello… la h è muta, sfidando mostri sacri come Verdi e Wagner e naturalmente il grande maestro William Shakespeare. Sarà una lotta a colpi di canzoni, imitazioni, balli, giochi di parole, artifici retorici, paragoni con l’attualità.

Gli Oblivion sono Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli. Attori dal sorprendente talento, da 10 anni in prima linea sui palchi di tutta Italia e che con il loro originale Othello hanno saputo calcare la scena per ben 90 minuti no stop, senza mai annoiare il pubblico. Un lavoro corale: due componenti del gruppo infatti, Calabrese e Scuda, hanno curato la regia e i testi. Di Scuda sono anche le musiche.
Ad accompagnarli al pianoforte un sorprendente Denis Biancucci, che indossa uno smoking blu elettrico di paillettes , elemento certamente insolito per la tragedia shakespeariana, potremmo dire “stonato” … Al contrario del suo tocco magico, capace di far uscire da quella distesa di tasti bianchi e neri ogni tipo di melodia, dalle più classiche alle più attuali.
Nessun abito dai colori sgargianti come si conveniva alla Venezia del 1600, nessuna scenografia faraonica per calare il pubblico nell’atmosfera shakespeariana o verdiana, solo due quadri del drammaturgo inglese e del compositore italiano appesi su una parete nera. Una rivisitazione in chiave ironica e assolutamente divertente di un’opera senza tempo, che ha ricevuto omaggi da parte di registi illustri del calibro di Gioachino Rossini (1816) e di attori altrettanto memorabili, da Francesco Tamagno a Orson Welles. {ads1} Ma la versione “obliviana” di Otello, prendendo le mosse un pò da Shakespeare un pò da Verdi, rimarrà certamente nel cuore del pubblico e segnerà un successo senza precedenti di questo quintetto di attori, cantanti, ballerini, comici, imitatori e doppiatori. Uno spettacolo adatto a tutta la famiglia e anche a coloro che non apprezzano i classici, in particolar modo le tragedie, perché sono convinti di uscire da teatro con una vena di tristezza addosso. Gli Oblivion, al contrario, assicurano risate, sorprese e insoliti doppiaggi dei monologhi classici. Nulla é lasciato al caso, neanche il dialogo in assoluto più monotono dell’opera, tra Otello e Desdemona, riesce a risultare tale, anzi con la loro abilità artistica riescono a renderlo persino divertente. Giudizio decisamente positivo.

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