Riforma costituzionale: fiducia, province e CNEL
Agosto è terminato e il voto di ottobre è sempre più vicino. Da alcune settimane vi stiamo raccontando la riforma costituzionale, abbiamo esaminato il nuovo Senato, il nuovo procedimento legislativo e numerose altre disposizioni del ddl Boschi. Oggi ci accingiamo a illustrare il nuovo rapporto fiduciario tra Parlamento e governo, l’abolizione delle province e quella del CNEL. Ma con una provocazione: i tasti toccati dal referendum sono davvero tanti e affatto omogenei tra loro, quanti tra voi riterrebbero utile uno spacchettamento del voto di ottobre?
I TEMI: nuovo rapporto fiduciario tra Camera dei deputati e governo, abolizione del CNEL, costituzionalizzazione del principio di trasparenza nell’amministrazione dello Stato, abolizione delle province e autorizzazione in capo alla sola Camera dei deputati per quanto riguarda l’accusa per reati ministeriali. Questi i temi di oggi.
L’ANALISI – COSA CAMBIA?
L’articolo 94 riguarda il rapporto fiduciario tra l’esecutivo e le due Camere, in quanto il primo è espressione del Parlamento stesso. Senza la fiducia del Parlamento, il governo va a casa. Questo ovviamente non vale nel caso in cui il primo bocci un singolo provvedimento del secondo: vi sono infatti delle procedure ad hoc per determinare quanto buon sangue corra tra palazzo Chigi e le due Camere: una richiesta di fiducia al momento dell’insediamento di un nuovo Consiglio dei Ministri (per l’esattezza entro 10 giorni dall’insediamento); mozioni di sfiducia su provvedimenti ad hoc che richiedono almeno un decimo dei componenti della Camera, ma con un voto palese. Ciò significa che se vuoi far dimettere il governo del tuo stesso partito politico non puoi nasconderti dietro l’urna.
Con la nuova riforma il rapporto fiduciario correrà esclusivamente tra la Camera dei deputati e il governo. Il Senato, espressione degli enti territoriali e non di una legittimazione popolare, ne sarà tagliato fuori.
Mai come in questo caso occorre lanciare uno sguardo alla nuova legge elettorale: l’Italicum. Abbiamo già ricordato come la nota legge elettorale a prima firma Calderoli, il Porcellum (l. 270/2005), sia stata dichiarata incostituzionale (sent.1/2014) per «eccessiva divaricazione tra la compressione dell’organo di rappresentanza politica (…) e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto». In poche parole: secondo la Corte Costituzionale dal 2005 in poi vi è stato un grave vuoto di rappresentanza democratica a causa delle liste bloccate. Erano i partiti a scegliere i parlamentari e non i cittadini.
Quello che è successo dieci anni più tardi, con la l. 52/2015, non si discosta molto da quanto sancito dalla consulta. Con l’Italicum infatti cesseranno di esistere le liste bloccate, ma rimarranno 100 capolista bloccati, stabiliti a tavolino dai partiti politici. Sarà inoltre previsto un largo premio di maggioranza per la lista (e non per la coalizione) in caso di ballottaggio: pensate, il partito vincitore arriverebbe ad ottenere 340 seggi su 630!
Rischiamo dunque di incappare in numerosi abusi dell’istituto della fiducia sui più disparati provvedimenti da parte di governi che, consapevoli della propria forza in virtù del premio di maggioranza alla lista (e non alle coalizioni), difficilmente troveranno opposizione in sede parlamentare.
Risalta inoltre in questo nuovo ordinamento la carenza di un idoneo sistema di pesi e contrappesi: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica avrebbe potuto rappresentare una buona soluzione al problema.
Nel nuovo art.96 è invece previsto che sarà compito esclusivo della Camera dei Deputati autorizzare la procedura giudiziaria ordinaria nei confronti dei ministri per reati riguardanti l’esercizio delle proprie funzioni.
Con l’art. 97 viene invece inserito in Costituzione un principio inerente l’amministrazione dello Stato, che senza dubbio segna un’importante evoluzione costituzionale: l’inserimento nella carta del principio di trasparenza. C’è poco da girarci intorno, regalare alla carta questo principio, frutto dell’evoluzione amministrativa degli ultimi anni, è una buonissima novità.
Anche il nuovo art. 98 è incontestabile: prevede l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, un ente secondo molti inutile e costoso.
Ed infine è da segnalare l’abolizione (costituzionalizzata, visto che erano già state notevolmente indebolite dalla legge Delrio) delle Provincie. Anche qui atto dovuto, che segue un provvedimento già preso per vie parlamentari e teso alla semplificazione dell’assetto istituzionale.
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