La diocesi pensa al gioco d’azzardo

«Una mala pianta seminata, annaffiata e concimata dallo Stato»: è questo il fenomeno del gioco d’azzardo che il presidente dell’Azione cattolica di Roma Benedetto Coccia ha decritto nel corso del convegno “Vite in gioco ai tempi della crisi. Gioco d’azzardo, indebitamento e usura”, sabato 23 novembre all’Università Lateranense.

L’incontro, organizzato dalla Caritas diocesana di Roma, dal Centro per la Pastorale familiare, dalla Fondazione antiusura Salus Populi Romani e dall’Azione cattolica diocesana, è stato introdotto dal saluto del vicegerente monsignor Filippo Iannone. Monsignor Iannone ha inoltre sollecitato i cattolici a fare di più per questo grave fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio nella capitale: intere vie trasformate in piccole Las Vegas, con 50mila slot machine e 300 sale da gioco. 

Noi credenti «dobbiamo essere più scaltri dei figli delle tenebre», ha aggiunto il direttore della Caritas romana monsignor Enrico Feroci citando le parole di Gesù nel Vangelo, per evitare che «si facciano soldi sulla povera gente, per noi un dolore enorme». Il gioco d’azzardo, come è emerso dai lavori, è sempre più un fenomeno di massa che sta conquistando a grandi passi i “mercati” delle famiglie di ceto medio e dei giovanissimi.

«Bisogna puntare alla prevenzione, a immunizzare le famiglie da questa malattia – è il grido d’allarme lanciato da monsignor Carmine Recchia della Fondazione Salus Populi Romani -, ripartendo dai bambini che devono essere la mentalità sana della prossima generazione». Il sacerdote si è poi detto preoccupato perché lo Stato, oltre a incentivare il fenomeno, ne sottovaluta le conseguenze in termini di salute. «Se un tossicodipendente finisce il suo percorso terapeutico – ha ricordato monsignor Recchia – trova una società pronta ad accoglierlo e lodarne lo sforzo. Il giocatore compulsivo è visto ancora con diffidenza, quasi non si trattasse di una dipendenza della stessa gravità».

di Cristina Battioli

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