Riforma costituzionale: gli artt. 78, 79, 80, 82
Nuova settimana, nuovo focus sulla riforma costituzionale: la scorsa settimana abbiamo parlato di decreti e referendum, in questa nuova puntata vireremo su altre tematiche, alcune di stampo internazionale. Vi accompagneremo fino alla data del voto con la consapevolezza che il dibattito nelle settimane immediatamente precedenti ad esso sarà rovente. La nostra missione è esserci proprio in quei frangenti: quando tutti si affretteranno per fingere un dibattito costruttivo scandalosamente assente fino a quel momento, vi offriremo queste pillole prodotte in tempi non sospetti. Pillole da terapia intensiva.
I TEMI
Deliberazione dello stato di guerra (art. 78), leggi di amnistia e indulto (art.79), autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali (art.80), inchieste parlamentari (art. 82).
L’ANALISI
Secondo l’attuale disposizione dell’art. 78: «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari». Aggiungiamo un po’ di colore a una disposizione che a prima vista potrebbe non destare interesse. Lo stato di guerra è un meccanismo legislativo di un certo peso. Fortunatamente questo non è mai entrato in funzione dall’avvento della Costituzione del ’48 in poi, ma nel caso in cui ciò accadesse avremmo modo di assistere a legislature prorogate e all’insindacabilità della Corte di Cassazione circa le sentenze dei tribunali di guerra: parliamo perciò di numerose deroghe (qui ne abbiamo esposto solo alcune) ai principi su cui si fonda la nostra costituzione, dovute ad una situazione emergenziale. Verrebbero quindi meno diritti e libertà dei cittadini, gli stessi che eleggono chi delibera la causa di questa, seppur temporanea, menomazione costituzionale. Per ora teniamo a mente questo primo punto.
La carta costituzionale Italiana è viva, i suoi articoli si intrecciano e si amalgamano, non è possibile studiarla per compartimenti stagni. L’art. 11 della stessa dice espressamente che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Non servono spiegazioni. Teniamo a mente anche questo secondo appunto.
Ultimo passaggio del nostro ragionamento sul nuovo art. 78, che tra poco vedremo, è l’attuale contesto storico dal punto di vista geopolitico: in Europa è in corso una guerra nel Donbass (Ucraina orientale), assistiamo ogni giorno a tensioni salienti tra il blocco Nato e quello Russo lungo i confini dell’Europa Orientale, il terrorismo Islamico, la situazione Libica a pochi chilometri dalle nostre coste. Non è di certo una fotografia incoraggiante.
Tenendo bene a mente i tre punti di cui sopra, introduciamo il nuovo art.78 come da riforma: «La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari». Per il commento di questa nuova disposizione dobbiamo rifarci, per la prima volta in questo speciale, ad un’altra novità legislativa: l’italicum.
La nuova legge elettorale consegnerà un largo premio di maggioranza (54% dei seggi) a chi avrà ottenuto il 40% dei voti alle urne. La stessa cosa accadrà in caso di ballottaggio, qualora nessuna lista arrivi alla soglia su citata al primo turno. Si configura quindi l’eventualità che una sola forza politica, rappresentante una minima parte dell’elettorato, possa deliberare lo stato di guerra in nome di quella governabilità a più riprese decantata dall’attuale governo. Affidare una decisione così importante ad un unico organo, rappresentativo sì per legge ma non numericamente, è una scelta rischiosa. Sarebbero in pericolo quei principi di cui all’art. 11 dato il clima rovente che si profila negli anni a venire. Attenzione a questo punto quindi nel momento in cui vi troverete dinanzi all’urna.
L’art. 79 recepisce la fine del bicameralismo perfetto e prevede che il solo organo a decidere su amnistia e indulto sia la Camera dei deputati. Nulla cambia per il resto dal punto di vista costituzionale. Diverso il discorso in materia legislativa, per il quale si stanno portando avanti diverse discussioni nelle aule parlamentari.
L’art. 80 tratta l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. Anche qui si fa sentire la fine del bicameralismo perfetto, autorizzare la ratifica di trattati internazionali diventerà infatti compito esclusivo della Camera dei deputati. Toccherà poi al Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 87, ratificare i trattati internazionali. La novità è qui rappresentata da un nuovo comma aggiunto all’art. 80: «Le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sono approvate da entrambe le Camere» una precisazione volta a ricordare che il Senato mantiene forti poteri in ambito di rapporti con l’Unione Europea. La domanda è sempre quella che ci siamo posti fin dall’inizio: perché conferire ad un organo non rappresentativo dei cittadini così ampli poteri in materia di Unione Europea?
Passiamo all’art. 82, ultimo step dell’appuntamento di oggi (vi state chiedendo perché abbiamo saltato l’art. 81? Semplice, perché questo riguarda il pareggio di bilancio, i nuovi padri costituenti si sono ben guardati dall’apporre modifiche a questa novità risalente al 2012).
«La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.
A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria».
Alla Camera dei deputati rimangono quindi le inchieste su materie di pubblico interesse. Passa invece al nuovo Senato il potere di effettuare inchieste su materie di pubblico interesse che riguardino le autonomie territoriali.
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@federicolordi39
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