Il Ladro di Anime, quando la politica diventa una farsa
Il Ladro di Anime è una commedia politica, sociale, esistenziale dal sapore tragico. Risuonano con potenza, in un’esibizione live, la Canzone del maggio, Il bombarolo, Sogno numero due. I versi del poeta Fabrizio De André ci scivolano nell’anima, in una dimensione astorica, sospesa nel tempo e nello spazio. Le sue parole, una denuncia spietata, un epitaffio:“Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti”. Mentre il poeta Vladimir Majakovskij parlava in maniera profetica: “Non rinchiuderti, Partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”. Spesso la politica è una farsa, e i politicanti sono dei burattinai che giocano sadicamente con le nostre vite.
La burocrazia italiana è raffigurata come una sorta di Leviatano, mostro biblico millenario, che incarna lo strapotere dello Stato. Ne deriva una società corrotta, ampollosa, aborto di ciò che resta della politica del ’68. Fabrizio, il protagonista, è come noi, “figli della stessa rabbia”. I nostri padri, un tempo rivoluzionari, volevano sovvertire l’ordine, distruggere, ricostruire. I personaggi in scena, Desideria Negata, il Governatore, il Capo, la Guardia, all’idealismo giovanile e alla rivolta, hanno preferito la certezza di una vita agiata, ai limiti della legalità. Il Ladro di Anime, Sistema corrotto e mortifero, è alla continua ricerca di chi gli venda l’anima. Finge di dispensare libertà e, dallo stridere delle catene, in un attimo passa ad elargire asfissianti cravatte rosse. La cravatta, simbolo della classe medio borghese; il color rosso, emblema della rivoluzione.
La compagnia Le partenze intelligenti è davvero straordinaria: Nicola De Santis, Jessica Cenciarelli, Marzia Colandrea, Oronzo Salvati, Letizia Cerenzia, Lorenzo Pettenati, Marco delle Fratte, Massimo Genco, Andrea Lulli, Alessio Pinto, Linda Covato. La sceneggiatura originale, inedita, è stata ideata da Alessio Pinto e Linda Covato. Ed è proprio Linda a parlarci dello spettacolo.
Il Ladro di Anime è una tragicommedia, con testo ispirato all’album di Fabrizio De André “Storia di un impiegato”, che critica aspramente la politica degli anni ’70. I testi di de André sono tuttora estremamente attuali. Hanno un che di profetico. È drammatico osservare come le stesse aspre critiche che lui rivolgeva alla politica di allora, siano valide ancora oggi. Ciò che vogliamo trasmettere è la critica nei confronti del sistema politico attuale (a prescindere da colori e partiti) ma anche nei confronti di chi potrebbe rivoluzionare il sistema politico e non lo fa. Fabrizio Gironi, il protagonista, è un trentenne laureato che tenta invano di ritagliarsi un posto nell’Italia contemporanea, e lo fa passando attraverso i vari tirocini gratuiti tanto di moda negli ultimi anni. Troverà una sua collocazione? Fabrizio, come tanti laureati nel nostro paese, per trovare e tenersi il suo posto all’interno di questa società dovrà scendere a compromessi. Si chiederà poi se è disposto a sopportare il compromesso o se sono più importanti i suoi valori morali. La nostra generazione aspira al cambiamento ma è bloccata, ripiegata su se stessa, incapace di agire, di ribellarsi. Ci vorrebbe una rivoluzione, culturale prima di tutto. Ci blocca una strana pigrizia. Abbiamo le capacità necessarie, siamo pronti a criticare, ma non riusciamo ad andare più avanti di questo. La nostra generazione vive in una sorta di limbo. Forse saranno le nuove generazioni a reagire, imparando dai nostri errori. Lo spettacolo parla di noi giovani e dei burattinai del potere che giocano con i fili del nostro destino. Parla della politica bulimica che, come il Ladro di Anime, divora tutto, anche noi. È previsto il lieto fine? Forse. Noi abbiamo optato per un finale aperto molto forte e di impatto. Una bella scossa che ci auguriamo sia positiva.
http://https://www.youtube.com/watch?v=iHCqQx4xmk8
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