Presidenziali USA 2016, 5 cose da sapere su Hillary Clinton
Non serviva certo la convention democratica di Philadelphia per confermare quello che già era chiaro al mondo da settimane: Hillary Clinton è diventata ufficialmente la prima donna candidata per le Presidenziali USA 2016 con una vittoria schiacciante ai danni del collega di partito Bernie Sanders. Dalla sua, Clinton ha potuto vantare numerosi e prestigiosi endorsement, primo fra tutti quello di Barack Obama, che non ha mai fatto mistero della sua avversione per il candidato repubblicano Donald Trump. L’appuntamento con quella che si profila come la partita tra i due candidati più contestati di sempre si giocherà il prossimo 8 novembre. Il New York Times ha assegnato a Clinton il 76% delle possibilità di vincere, mentre secondo l’ultimo sondaggio effettuato da FiveThirtyEight le sue chance sarebbero del 60%, contro il 40% di Trump. Durante la convention che l’ha incoronata, Hillary ha fatto sapere di accettare la candidatura «con umiltà, determinazione e sconfinata fiducia». Un messaggio che voleva essere del tutto opposto all’isotopia della paura su cui ha costruito il suo successo l’avversario repubblicano.
La donna dei primati
Laureata in Scienza politiche al Wellesley College, Clinton – al secolo Hillary Rodham – è la prima studentessa a presentare la prestigiosa cerimonia dei diplomi nella sua università. First Lady di nome e di fatto, il suo curriculum è costellato di primati e brillanti successi. Prosegue gli studi alla Yale Law School, dove incontra il futuro marito Bill e nel 1979 è la prima donna a entrare a far parte della Rose Law Firm, uno di più importanti studi legali dell’Arkansas. Nel 1991 viene citata nell’elenco dei “100 avvocati più influenti degli Stati Uniti”, mentre due anni dopo diventa First Lady, la prima nella storia del Paese ad aver conseguito una laurea. Ultima delle sue “prime volte”, la conquista della nomination per le prossime elezioni; quella che rischia di fare di lei la prima donna presidente a stelle e strisce.
Presidenziali USA 2016: Il programma Clinton
Nella corsa alle presidenziali Clinton punta tutto sul pragmatismo: per risollevare gli Stati Uniti dalla crisi economica ha proposto incentivi alla domanda, investimenti pubblici e formazione professionale per i giovani. Alcune delle sue idee sono molto simili a quelle del socialista Sanders: estensione della copertura sanitaria e università gratis per studenti con redditi medi e bassi. Rientra negli obiettivi da realizzarsi entro i primi 100 giorni dell’eventuale mandato anche un ingente piano di investimenti per creare nuovi impieghi. A detta sua, Clinton ci riuscirà mettendo a lavoro, insieme, repubblicani e democratici. Tra i temi in agenda, anche la disparità di retribuzione tra donne e uomini e l’aumento del salario minimo. Per quanto riguarda la politica estera, Clinton si è sempre dichiarata fermamente contraria all’approccio cauto di Obama, e in merito alla crisi siriana ha più volte sostenuto la necessità di armare le forze ribelli contro il presidente-dittatore Bashar Assad.
Fuga di notizie in casa democratica
Le presidenziali USA rappresentano uno dei più importanti eventi mediatici mondiali. L’ultimo “colpo di scena” che ha colpito, suo malgrado, la candidata repubblicana è stata l’intrusione nei sistemi informatici legati alla sua campagna elettorale; secondo l’Fbi potrebbe trattarsi di hacker russi. Solo pochi giorni prima, Trump aveva lanciato un improbabile appello alla Russia affinché trovasse le mail sparite dai server privati di Clinton. I messaggi rivelano il tentativo di danneggiare la corsa di Bernie Sanders, e come è facile immaginare hanno imbarazzato non poco Hillary, che dell’unità dei democratici ha fatto uno dei suoi punti saldi durante tutta la sua campagna elettorale.
Gli scandali
Il recente “email-gate” è solo l’ultimo degli scandali che hanno visto coinvolta l’ex first lady. Il più noto è certamente il caso Lewinsky, ma nel curriculum di Clinton non mancano clamorosi boomerang politici. All’inizio del 2015 il New York Times pubblica una lunga inchiesta che mette sotto la lente la Clinton Foundation, accusandola di aver ricevuto soldi da Mosca nel momento in cui una società russa di uomini vicini al Cremlino tentava la corsa al controllo del mercato americano dell’uranio. E ancora, tra i donatori della filantropica fondazione figurano importanti stakeholders quali Arabia Saudita, Qatar, Monsanto, Barclays, Coca Cola, Goldman Sachs e il sultanato dell’Oman. Finanziatori improbabili per chi si batte con tenacia per i diritti umani e per le pari opportunità. Resta tuttora aperta anche l’inchiesta dell’Fbi che la vede nell’occhio del ciclone per aver usato la sua mail privata per inviare messaggi professionali “top secret” mentre era segretario di Stato, violando così il protocollo ufficiale sulla trasparenza. Stesso discorso per le sue affermazioni di condanna riguardo le drammatiche condizioni delle carceri americane. Peccato che buona parte del merito per una situazione tanto insostenibile sia da attribuire alla presidenza Clinton – Bill, naturalmente. All’epoca, come se non bastasse, la stessa First Lady contribuì attivamente a far passare i provvedimenti in materia.
La candidata che nessuno vorrebbe
Nel caso della sfida Clinton-Trump, ciò che manca ad un candidato sembra essere il punto di forza dell’altro. Da una parte l’ex First lady, il cui tallone d’Achille è proprio l’incapacità di suscitare empatia e simpatia negli elettori; un fattore apparentemente frivolo, ma tutt’altro che trascurabile in tempo di elezioni e che il tycoon newyorchese possiede invece in gran quantità. Dal canto suo però, Trump manca di qualsiasi esperienza in campo politico, e in tanti sollevano dubbi sulle sue effettive capacità di guidare il Paese. Anche Clinton ha però al seguito una nutrita schiera di haters. Nel 1996 Henry Louis Gates scriveva nel suo libro, Hating Hillary: «C’è qualcosa in lei che semplicemente irrita la gente». Considerata la candidata democratica meno popolare di sempre, ha trovato un suo degno rivale solamente in Trump, inviso persino al suo stesso partito. Chi la critica la descrive spesso come cinica, corrotta e pronta a cambiare posizione per pura convenienza. L’essere stata al centro di più di uno scandalo certo non ha aiutato a smussare la sua immagine pubblica. Resta da vedere chi prevarrà: se un arrogante miliardario senza peli sulla lingua o l’emblema della politica vecchio stampo, pur in una veste di straordinaria novità. Agli statunitensi l’ultima parola.
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