Kobe Bryant a Milano: vi spiego la Mamba Mentality
Venerdì 22 Luglio Milano non era una città come tutte le altre. Già, perché il capoluogo lombardo è stato travolto da un’ondata di carisma che ha mandato i cittadini in visibilio. Il motivo? Kobe Bryant a Milano per una tappa del tour promozionale organizzato da Nike che ruota attorno il concetto di “Mamba Mentality“, ovvero i 5 concetti che hanno reso Kobe una leggenda dell’NBA.
Il Mamba Mentality Tour, in occasione della visita di Kobe Bryant a Milano, prevedeva tre eventi: una sessione di incontri promozionali e interviste (dove Kobe ha incontrato anche Francesco Totti); una sessione di allenamento per alcuni ragazzi selezionati da Nike, sotto gli occhi esperti di Bryant e Messina; l’incontro con 24 fortunatissimi fans nella sede milanese di Foot Locker House of Hoops. Quest’ultimo evento, particolarmente esclusivo, al quale abbiamo avuto il privilegio di presenziare, prevedeva una sessione di domande da parte dei fans, moderate dal giornalista Flavio Tranquillo, altra figura leggendaria per chi segue l’NBA.
La presenza di Kobe Bryant in un negozio nel cuore di Milano ha destato una comprensibile agitazione tra la folla, che ore prima dell’evento ha assistito alla frenetica organizzazione mirata ad accogliere nel modo migliore il Black Mamba: transenne che delimitano il palco, colori dei Los Angeles Lakers ovunque e soprattutto tanta, tanta gente fuori Foot Locker disposta ad aspettare ore pur di vedere Kobe Bryant per qualche istante, consapevole che l’intervista si sarebbe svolta in una saletta interna per una cerchia ristretta di persone.
Un’intervista particolarmente interessante, che ci ha fatto scoprire il lato umano di Kobe Bryant, cosa che spesso ci sfugge di mano quando abbiamo di fronte leggende del suo calibro.
Il ritiro sembra aver portato una particolare serenità interiore al Black Mamba, che però non ha intenzione di restarsene con le mani in mano:
“il giorno dopo l’ultima partita in carriera, mi sono svegliato alle 5 del mattino e ho fatto la corsa, i pesi, sono andato a lavorare … non posso tornare qui in Italia con la pancia!”.
Il nuovo percorso di Kobe Bryant non riguarda solo l’allenamento fisico, perchè quando gli è stato chiesto di svelarci il suo sogno nel cassetto, Kobe ha risposto così:
“il futuro per me è insegnare la vita attraverso la pallacanestro. Scuole, camps, libri, film, animazioni … insegnare con le storie”.
Questa proiezione verso l’altro, raggiunta senz’altro in età matura, è emersa anche dalla sua risposta riguardo ai vantaggi e svantaggi dell’essere leader.
“Il vantaggio è che puoi migliorare gli altri. Però è difficile perchè non puoi pensare a te stesso. Se hai avuto una giornata triste o una partita difficile, non puoi pensarci. Devi pensare: cos’è successo a Paul Gasol? Come si sentono loro? pensi sempre alla loro vita, devi sempre guardare e ascoltare i compagni. Questa è una cosa difficile però è anche la cosa più bella”.
Non a caso Kobe Bryant ha nominato Paul Gasol, che ha troncato sul nascere la domanda di un ragazzo relativa ai compagni di squadra con la mentalità più simile alla sua:
“PAUL GASOL! per me lui è il numero uno. Io e lui siamo “così” (mima con le dita per farci capire la simbiosi che c’è tra i due. Non a caso ci ha confessato che in America gli fanno notare la sua gestualità tipicamente italiana! ndr). Senza Paul Gasol non vinco, senza di lui la mia carriera finisce con 3 championships. Conoscevo già le sue skills, ma quando lo conosci di persona Paul è incredibile”.
La sua carriera è affascinante anche per il suo inscindibile legame con i Lakers. Eppure, Kobe Bryant ci ha confessato che una volta ha rischiato di trasferirsi altrove. Si è detto orgoglioso di essere rimasto anche quando i Lakers non vincevano, perché anche questo è il bello delle sfide. Diverso è quando Kobe Bryant ha pensato che di base mancassero le ambizioni da parte della società, cosa che un campione come lui non può permettersi:
“Una volta ho pensato che i Lakers non volessero spendere il necessario per acquistare nuovi giocatori. Gli ho detto che ero là per vincere e se non volevano vincere, potevano mandarmi via. Quali club? Clippers, Bulls, San Antonio e Phoenix”.
C’è stato anche qualche passaggio sugli avversari affrontati nel corso della carriera, tra i quali spicca KD:
“Kevin Durant per l’altezza. Era difficile per me trovare il suo punto debole. Non ho avuto più tempo per cercarlo, ero vicino, lo stavo trovando, ma … non gioco più!”.
Un altro avversario storico è stato Tim Duncan, con il quale ha combattuto per diversi titoli nel corso degli anni: “eh…5 a 5!“, ci tiene a sottolineare il Black Mamba.
Tra una battuta e l’altra, Kobe Bryant ci ha fatto capire come siano importanti i valori e l’umiltà, anche quando si arriva al top della carriera. Kobe, stuzzicato dalle domande degli ospiti, ha esaltato la bellezza della sconfitta, la “compassione” verso il prossimo, che man mano ha preso il posto dell’egoismo di quando era più giovane, ma anche l’attaccamento alle proprie radici. Kobe infatti ha ricordi nitidi della sua infanzia in Italia:
“la cosa più importante è la passione italiana, in America mi dicono che sono differente perchè parlo con le mani. Eh, sono cresciuto qua!”.
Avendolo visto dal vivo, possiamo aggiungere che un’altro elemento che Kobe ha ereditato dagli italiani è senz’altro l’ironia, fattore che ci ha permesso di conoscere l’altra faccia del Black Mamba: letale e spietato in campo, solare e umano nella vita di tutti i giorni.
È proprio con il suo atteggiamento che vogliamo chiudere il cerchio, quella Mamba Mentality che lo ha reso grande nel rettangolo di gioco, ma che assume valore anche nella vita di tutti i giorni:
“Dentro e fuori dal campo è la stessa cosa. È importante capire che Mamba Mentality vuol dire che la cosa che stai facendo in questo momento è la più importante. La concentrazione è la cosa più importante, non stai pensando a cosa succederà stanotte o cosa è successo stamattina. Stai pensando a questo momento”.
Con grande coerenza, Kobe Bryant ci ha dimostrato che, con i suoi progetti e i suoi sogni, la Mamba Mentality continuerà nonostante il ritiro dalla pallacanestro. Non porsi alcun limite, infatti, è uno dei tratti distintivi del campione. Per una leggenda come lui, il Mamba Mentality Tour è solo l’inizio.
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