Euro 2016: un dio greco aiuta i lusitani
Éderzito António Macedo Lopes ha deciso Euro 2016. Chi? Éderzito António Macedo Lopes, meglio noto come Eder, nato il 22 dicembre 1987 in Guinea Bissau e naturalizzato portoghese dal 2012. Attaccante in forze al Lille, con 6 reti all’attivo nell’ultima stagione, entrato al ’79, al posto del diciottenne Renato Sanches (di origini capoverdiane), ha segnato il gol decisivo nella finale di Saint-Denis. Al minuto 108, durante il secondo tempo supplementare. Portogallo-Francia 1-0 e primo trofeo nella storia per i lusitani.
È questa la sintesi suprema della finale ma che, partendo proprio da questa, ha detto molto di più. È stata, infatti, una finale che ha raccontato senza parlare e senza fare clamori che, in un’epoca in cui aumenta sempre di più la percezione e la convinzione che il diverso sia un problema, che il diverso sia qualcosa da allontanare in virtù di un’insana, stretta, ottusa e distorta logica di identità nazionale, è possibile dare la prova del contrario. Nelle rose delle due squadre di ieri sera erano presenti ben 17 giocatori di origini africane: Rami, Evra, Matuidi, Pogba, Sagna, Kanté, Mandanda, Umtiti, Sissoko e Mangala per la Francia; Quaresma, Nani, Sanches, Carvalho, Danilo Pereira, Eliseu e il già citato Eder per il Portogallo. È un esempio sportivo, sì è vero, ma la sua portata è ben altro che sportiva. Racconta che un’alternativa concreta a questo clima intollerante verso lo “straniero” è possibile. Detto ciò, veniamo all’evento.
PORTOGALLO-FRANCIA 0-0 (1-0 d.t.s)
Lo scenario è da brividi, un impatto rosso e blu, colpi di colori accesi e riflettori, tanti riflettori che attirano un sacco di falene. Siamo a Saint-Denis, un comune nella regione dell’Ile-de-France alle porte di Parigi. Uno dei punti dove, in quel tragico e ancora vivo 13 novembre 2015, si consumò l’attentato di matrice terrorista che colpì la Francia, l’Europa, il mondo intero. Saint-Denis dal latino Dionysius, che a sua volta deriva dal nome del dio greco Dioniso … ma questo ci tornerà utile in seguito.
Dall’ottavo al venticinquesimo si consuma la maledizione degli europei su Cristiano Ronaldo. Atterrato da Payet, riceve un brutto colpo al ginocchio, probabilmente al collaterale. Esce e rientra. Stringe i denti ma zoppica vistosamente la perla di Madeira. Si accascia a terra contro il destino avverso, piange ed esce nuovamente ma non si arrende. Rientra con una fascia contenitiva. La nazione di quel Pereira raccontato da Tabucchi è sospesa, attenta ai movimenti del suo idolo. Ma le speranze si spengono qualche minuto dopo: Cr7 in lacrime si stende sul manto erboso per non rialzarsi più, è costretto a uscire in barella. Portogallo-Francia continua senza la stella dei blancos. E continua con le accelerazioni fisiche, violente e improvvise di Sissoko mentre il Portogallo si riorganizza con Quaresma al posto di Cr7.
I francesi sembrano avere in mano la gara, soprattutto quando Deschamps decide di togliere Payet per inserire nella mischia Coman. L’ex Juve è più dinamico, apre più spazi e la Francia aumenta la pressione ma non trova il gol, anche grazie a qualche parata decisiva di Rui Patricio. Il tempo passa. Intanto Ronaldo in panchina si comporta come fosse l’allenatore, come fosse il vero leader indiscusso della nazionale. Il Portogallo mantiene, non si disunisce, non si scompone e, come spesso gli è capitato in questo europeo (6 volte su 7), finisce i 90 minuti con un pareggio.
Ed ecco che ora possiamo tornare a Dioniso … a quel Dioniso che non si è dimenticato di quei portoghesi che, nell’europeo casalingo del 2004, persero la finale proprio contro la favolesca Grecia. Ora è venuto il tempo di sdebitarsi, 12 anni dopo, in un teatro che porta il nome di quel dio greco, compiendo un ironico parallelo: la Francia, nazione ospitante, fa le veci di quel Portogallo, mentre il Portogallo si mette le vesti di quella Grecia. E così, al minuto ‘108, dall’uomo che non ti aspetti, dall’uomo toccato da Dioniso parte un tiro imparabile per Lloris: Portogallo-Francia 1-0.
Sull’esultanza con il guanto bianco di Eder, sulle gioiose (questa volta) lacrime di Ronaldo, sullo sguardo perso dei francesi, su questi brevi e intensi fotogrammi finisce l’europeo. Euro 2016 ci ha consegnato storie fantastiche, episodi di violenza (soprattutto all’inizio), lacrime e gioie ma soprattutto ci ha lasciato un messaggio coraggioso e pieno di speranza che ci ricorda che le barriere, sia materiali che ideologiche, si possono abbattere e lo scambio e l’integrazione, sia sociale che culturale sono una risorsa e non un problema. Sono, insomma, il futuro.
Twitter: @Francesco Nespoli