Strage di Dacca, autopsia rivela: mutilazioni e torture sulle vittime
È un responso amaro quello che emerge dalle autopsie eseguite sui corpi delle nove vittime italiane della strage di Dacca, in Bangladesh. Secondo il referto, stilato dai medici legali che hanno esaminato i corpi, ci sono evidenti segni di torture e mutilazioni eseguiti con armi da taglio come coltelli e machete oltre a segni di proiettili e tracce di esplosivo. La morte è sopraggiunta lenta e dolorosa e le ferite inferte sono state praticate in modo macabramente accurato proprio per non uccidere le vittime ma per prolungarne il più possibile l’atroce agonia. Altro fattore a testimonianza della brutale premeditazione di questa carneficina è la totale mancanza di un colpo di grazia, gli attentatori non avevano quindi alcuna intenzione di porre fine alle sofferenze delle vittime.
Un modus operandi giudicato insolito dalle autorità, che hanno evidenziato come gli attentati di stampo Jihadista solitamente siano caratterizzati da uccisioni molto più rapide e che in genere si concludono con la morte degli attentatori stessi, spesso per mezzo di esplosivi, in una immolazione definitiva alla loro causa, cosa che non è avvenuta nella strage di Dacca. In attesa di conoscere l’esito delle analisi balistiche sulle pallottole trovate sui corpi, che sapranno dare indicazioni precise sul tipo di armi utilizzate nella strage e speriamo possano fornire nuove indicazioni sul gruppo che ha compiuto questo attentato, bisognerà soprattutto capire se ci troviamo di fronte ad una mutazione dell’ISIS volta ad esplorare nuovi metodi di incutere terrore e paura in quelli che loro considerano infedeli ed interpretare in questo senso il sadico gioco di punire e torturare chi non conoscesse il Corano, oppure abbiamo assistito ad un fenomeno isolato, una deriva ancor più folle e psicopatica di un fenomeno ormai mondiale e dilagante.
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