Uguaglianza di genere in Europa, quote rosa sì o no?
Uguaglianza di genere in Europa? Neanche per sogno. Dal 2013, l’EIGE, Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, fornisce agli Stati Membri interessanti dati e statistiche, con lo scopo di sostenere e rafforzare la promozione dell’uguaglianza di genere. Per fare ciò, l’Istituto, utilizzando complessi strumenti di misurazione, calcola il divario di genere in una serie di ambiti, tra cui la parità di accesso al lavoro, il divario retributivo, l’accesso all’istruzione e alla formazione, il tempo dedicato alla cura dei figli, l’accesso alle posizioni di leadership e la partecipazione alla vita economica e politica di un Paese.
Ebbene, i dati sull’uguaglianza di genere in Europa non sono affatto confortanti. Nonostante i Paesi scandinavi ci mostrino una realtà attenta alla condizione femminile, le performance degli altri Stati Membri non sono altrettanto buone. Prendiamo in considerazione i dati forniti dall’EIGE in riferimento all’Unione europea a 28, quelli riguardanti l’Italia e, per vicinanza geografica e affinità demografiche e culturali, la Francia.
Questi dati ci mostrano, senza troppe sorprese, che la Francia presenta risultati migliori nell’ambito esaminato, quello del potere. I dati analizzati riguardano la rappresentanza femminile nelle posizioni di potere, in cui l’Italia raggiunge un misero 21,8%, contro il 48,8% della Francia e la media europea del 39,7%. Come sottolinea anche l’EIGE, proprio la partecipazione alla vita politica ed economica di un Paese rappresenta da un lato una questione di giustizia sociale, in riferimento all’accesso paritario a cariche di rilievo, e dall’altro una questione democratica, in termini cioè di un’equilibrata rappresentanza della società nella sua interezza. La sottorappresentanza delle donne nei ministeri, nei parlamenti e nelle assemblee regionali è allarmante nel caso italiano, mentre la Francia, con una percentuale del 58,5%, testimonia l’efficacia dell’introduzione, già dagli anni ‘90, di quote rosa nel suo ordinamento. La legge approvata successivamente, nel 2014 – la c.d. Legge per l’uguaglianza tra uomini e donne – ha inoltre introdotto una vasta gamma di misure per assicurare una reale parità tra i due sessi.
In Italia il dibattito sulle quote rosa e l’uguaglianza di genere è ancora terreno di scontro e laddove sono previste norme al riguardo, vengono facilmente eluse. Basti pensare alla scarsa rappresentanza femminile nelle giunte comunali e al fatto che soltanto 1 sindaco su 7 è donna. Proprio lunedì, nel corso della direzione nazionale del Partito democratico, il Presidente della regione Campania De Luca ha definito la neo sindaca di Roma, Virginia Raggi, “una bambolina imbambolata”. Immediatamente tutti i principali esponenti del partito si sono discostati da questa battuta di dubbio gusto, ma ciò offre un ulteriore spunto di riflessione. Le disuguaglianze di genere giocano un ruolo cruciale nel determinare la partecipazione femminile alla vita politica ed economica di un Paese, pertanto, misure positive a favore delle donne, possono portare non soltanto all’affermazione di maggiori diritti, ma ad una trasformazione culturale nella concezione del ruolo della donna, come testimoniato anche dal caso francese.
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