Conseguenze del Brexit: la fine dell’Europa?
E Brexit fu. Paventato come una realtà fantascientifica da più parti, alla fine è divenuto realtà. A una settimana di distanza dal voto che ha segnato l’uscita del Regno Unito dall’Europa, le conseguenze del Brexit sono tutte ancora da scoprire.
A giudicare dalle ondate emotive di questi giorni, c’è da immaginare che i più dispiaciuti per l’inatteso risultato siano probabilmente gli stessi cittadini inglesi. Risvegliatisi dalla sera alla mattina fuori dall’Europa hanno reagito nei modi più coloriti, come la proposta di Londra città indipendente, o la petizione da milioni di firme di rifare il referendum (!).
Di sicuro, per loro come per tutti, c’è solo l’incertezza.
Ma anche di un paio di questioni si può essere abbastanza certi, per esempio dell’onesta intellettuale del leader dell’Ukip, Nigel Farage, che da solo, a poche ore dal voto, ha fatto scoppiare il caso mediatico più eclatante rimangiandosi la promessa fatta durante la campagna per il leave che i fantomatici 350 milioni di sterline spese alla settimana dal Regno Unito per l’Europa sarebbero state destinate alla Sanità pubblica.
C’è chi lo sapeva già, che le bugie hanno le gambe corte, ma anche ai più scettici ora magari è manifesto.
Tra le conseguenze del Brexit va annoverata d’ufficio anche la constatazione del fatto che la demenza digitale è una realtà assodata. A milioni si sono rincorsi sui social network i commenti più pittoreschi; dalle grida di giubilo ai commenti funerei e disperati, dalla critica dell’ignoranza (benedetta sia la vera ignoranza) e del suffragio universale alle fini – e assolutamente velleitarie – analisi da bar: voto giovane contro voto vecchio, voto del popolo, me lo ricordo il popolo quando votava i dittatori!, voto scozzese, voto londinese, voto di protesta, voto per l’Europa e voto contro l’Europa, voto nazionalista ma internazionalista!
Anche se la prova migliore l’hanno data gli stessi politici inglesi: voto per l’indipendenza ma solo se panza e presenza*.
I più accorti invece non si sbilanciano, traggono fila scoraggianti ma si limitano, correttamente, a fornire al massimo delle ipotesi di lettura, soprattutto per il domani. Se la sterlina scenderà o meno, se la Gran Bretagna esploderà e rimarrà un vago ricordo, se ci sarà un effetto domino sono cose che nessuno, oggi, è in grado di sapere.
Le conseguenze del Brexit, naturalmente, possono essere drammatiche e disparate; ma non solo. Al di là di come reagiranno l’Inghilterra e il Regno Unito, l’establishment europeo si trova davanti a una prova che non si aspettava; a tamburo battente le dichiarazioni di Tusk, Juncker, Merkel, Hollande, Renzi e compagnia lasciando intendere ora fermezza, ora tempi molto lunghi. Ogni passo falso può far scivolare questa Europa nel baratro: concessioni troppo gentili potrebbero dare il LA ad altre eccellenti uscite, troppa durezza potrebbe soffiare il vento in poppa agli euroscettici continentali. Il problema starà nel saper individuare il passo falso prima di compierlo.
Tra le conseguenze del Brexit potrebbe esserci la fine dell’euroscetticismo come lo conosciamo, affossandolo – e già le trombe squillano meno – in caso di grandi difficoltà per il Regno Unito, o esaltandolo nel caso in cui la scelta del leave si riveli vincente.
È evidentemente dubbio però, che l’uscita nazionalista dalla crisi, al culmine della globalizzazione, possa essere una riposta in grado di generare un futuro fertile. Forse non si era previsto, o creduto, che le reazioni al neoliberismo e alle politiche di austerity potessero essere autenticamente conservatrici, di destra. Tuttavia lo spettacolo cui assistiamo, al di là delle scene all’europarlamento tra Juncker e Farage, è più grottesco e pietoso di un cane che si morde la coda.
Si esce dall’Europa rivendicando maggiore sovranità, si resta in Europa (questa Europa) legittimamente persuasi che la sovranità oggi sia da esercitare a livello continentale. Eppure non ci si accorge che entrambe le alternative sono in realtà delle non alternative, opposte in teoria, ma molto simili in realtà. Poiché è vero che i popoli d’Europa non sono sovrani, ma a compiere quest’esproprio di sovranità non è l’idea di un’Europa Unita, ma il capitalismo neoliberista, delocalizzato e deregolamentato, che ignora gli stati nazionali, e fa dei tecnocrati che guidano questa Europa un esecutivo economocentrico in mano agli interessi privati e alla finanza internazionale.
Forse allora tra le conseguenze del Brexit ci sarà la spinta a una riflessione su come cambiare l’Europa in senso davvero democratico, immaginando un argine vero e regolamentato all’imperversare di crisi che sono sempre meno un fattore casuale e sempre più un prodotto dei meccanismi scellerati dell’economia neoliberista. Poiché nessuna delle alternative oggi, è un’alternativa valida; non ci sono scelte democratiche, perché tutte le scelte sono neoliberiste, e il neoliberismo non è democratico.
*1. Aforisma dialettale siciliano teso a sbeffeggiare chi intende approfittare dei benefici di una situazione senza muovere un dito o collaborare alla sua realizzazione, ad esempio mangiare a sbafo e quindi portare a un pranzo la panza e la presenza.
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