Le Fate Ignoranti, il film cult di Ozpetek festeggia quindici anni

“Che stupidi che siamo. Quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. Tante volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno” confida con malinconia Michele (Stefano Accorsi) ad Antonia (Margherita Buy) in uno dei passaggi più noti de “Le Fate Ignoranti”.le fate ignoranti E quanto avrebbe avuto da perdere il cinema italiano se non avesse scoperto Ferzan Ozpetek. Turco ma romano d’adozione, classe 1959, cantore del quotidiano, col film che lo ha consacrato tra i registi più amati in italia, nel 2001, aprì un nuovo orizzonte cinematografico all’amore.

L’incontro tra la borghese Antonia, vedova di Massimo, e l’inaspettata “Signorina Mariani”, che poi si rivelerà essere un uomo, amante del marito, ha insegnato al pubblico italiano ad innamorarsi della passione scevra dall’ipocrisia, libera dai preconcetti sull’orientamento sessuale e non solo. L’amore come “affinità elettiva”: né cronaca melensa, né gabbia dorata tra coniugi o racconto di trasgressione tra amanti.

Nell’anno di approvazione della legge sulle unioni civili, il film cult festeggia 15 anni nei cinema, per strada e sul palcoscenico: in Piazza San Cosimato, a Trastevere, venerdì 24 giugno, Ozpetek è stato accolto da un bagno di folla per la proiezione organizzata dal Trastevere Festival; si replicherà nella Capitale il prossimo 3 settembre, stavolta sul palco del Gay Village, quando l’attivista LGBT Vladimir Luxuria intervisterà il regista di fronte alla platea.

“Sono ignoranti, esplicite, anche pesanti a volte, ma non mentono sui sentimenti” dice Ozpetek a proposito delle sue fate. Sono quelle che hanno fatto esplodere gli stilemi che negli anni ci avrebbero fatto innamorare di lavori come La finestra di fronte (2003), Saturno Contro (2007), Mine Vaganti (2010): i colori aranciati ma vestiti di malinconia, perché “la vita è una tragedia in primo piano ma una commedia in campo lungo”, come diceva Charlie Chaplin, ed Ozpetek lo racconta bene; le tavole da pranzo imbandite ed affollate, elevate a luogo di incontro tra usi, costumi, ipocrisie di un popolo, perché il regista sarà pure turco, ma in questo è “molto italiano”; l’occhio della telecamera che sembra sedersi tra i commensali e si ha quasi la sensazione di sentire la gomitata del vicino infastidirci e la coscienza punzecchiarci nelle (non sempre innocenti) evasioni degli istinti; quel realismo a cui ci ha abituati, che non è mai cinismo.

Insomma, un’elogio del quotidiano, assunto ora a critica ai nostri pregiudizi, ora a presa di coscienza di quanto sia ciò che abbiamo di più prezioso, per un viaggio alla ricerca di nuove consapevolezze, che ci fa sempre bene. Il prossimo, fa sapere il regista, ci porterà in Turchia ed intitolato “Rosso Istanbul“. Le riprese sono iniziate in aprile.

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Twitter: @EvaElisabetta

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